Le truppe libiche di Misurata hanno aderito alla coalizione di Al Serraj per fronteggiare l’avanzata del «traditore» generale Haftar e del suo esercito dell’autoproclamato Libyan National Army (Lna). I soldati che hanno sconfitto l’Isis in Libia nel 2017 con la liberazione di Sirte ora si schierano con Al Serraj contro il leader della Cirenaica dopo una settimana di semi-guerra civile. Le milizie anti Tripoli sono ormai a 50 chilometri dalla Capitale e lo stallo a livello internazionale non sta facendo fare passi avanti ad uno scontro sempre più pericoloso. In un colloqui telefonico ieri il segretario generale dell’Onu Guterres ha ricevuto l’appoggio del Premier Giuseppe Conte «forte sostegno italiano al processo di transizione politica guidato dalle Nazioni Unite». Per il vicepremier Salvini il rischio di un intervento armato in Libia per porre fine all’avanzata di Haftar è troppo alto e non va opzionato: «l’intervento armato, le bombe, i cannoni sarebbero un dramma per la pace e il dialogo con tutte le parti in causa, direttamente o indirettamente». Più che per l’accesso dei migranti alle coste libiche, per Salvini il vero rischio riguarda la significa dell’Eni che «significa una delle principali aziende italiane che sta lavorando lì e perché vorremmo riprendere i rapporti commerciali con un Paese stabile». (agg. di Niccolò Magnani)
PREMIER ATTACCA LA FRANCIA
Continuano gli scontri in Libia fra le forze del generale Haftar e l’esercito governativo del premier al Serraj. Quest’ultimo ha puntato il dito contro la Francia, accusandola di sostenere le milizie del generale, e stando a quanto riferito dal Libya Observer, avrebbe convocato l’ambasciatore francese per esprimergli la sua protesta ufficiale. Era infatti emersa la notizia negli scorsi giorni che Haftar avrebbe ricevuto l’ok da Parigi in occasione di una riunione avvenuta a Bengasi, prima di partire all’attacco: «Abbiamo lavorato intensamente – le parole del primo ministro, riconosciuto dalla comunità internazionale, Fayez al Serraj – con la missione delle Nazioni Unite per sostenere la conferenza nazionale che si terrà a Gadames. Abbiamo teso le mani verso la pace, ma dopo l’aggressione delle forze di Haftar e la sua dichiarazione di guerra alle nostre città e alla nostra capitale, lui (Haftar) non troverà che forza e fermezza». Nelle ultime ore le forze di Haftar sarebbero arretrate, e dopo essersi avvicinate alle porte di Tripoli sarebbro ora ad una cinquantina di chilometri dalla capitale. Numerosi bombardamenti aerei registrati a Mizda, a sud di Gharyan e Souq Al-Khamis, sud-est di Tripoli. La tensione rimane molto alta. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)
LIBIA, SERRAJ “HAFTAR TRADITORE”
Prosegue l’avanzata di Khalifa Haftar in Libia. Il noto generale, ex adepto di Gheddafi, sta combattendo contro le forze a protezione del premier al Serraj, ad una decina di chilometri dal cuore della città di Tripoli. Vista la situazione di insicurezza, come riferisce Repubblica, le scuole rimarranno chiuse una settimana a partire da oggi. Nonostante svariati appelli internazionali, l’Lna, il Libyan national army guidato da Haftar, non è intenzionato ad arrestare la propria azione, ma sul suo percorso ha trovato le forze del Governo di unità nazionale (Gna), l’unico riconosciuto dalla comunità internazionale. «Si tratta di tradimento – il duro commento di al Serraj in televisione – abbiamo steso le nostre mani verso la pace – ha proseguito il premier – ma dopo l’aggressione da parte delle forze di Haftar e la sua dichiarazione di guerra contro le nostre città e la nostra capitale non troverà nient’altro che forza e fermezza». Una battaglia che si sta combattendo anche nei cieli, visto che nella giornata di ieri le forze aeree di Tripoli hanno colpito l’Lna ad una cinquantina di chilometri da Tripoli.
LIBIA, NO FLY ZONE AD OVEST
La risposta di Haftar è stata l’imposizione di una “no-fly” zone nell’ovest della Libia: «La regione dell’ovest – l’annuncio – è ormai considerata zona militare ed è dunque vietato a ogni aereo militare sorvolarla, pena il fatto di essere un obiettivo legittimo». Preoccupati ovviamente i cittadini di Tripoli, che stanno iniziando a fare scorte di prodotti alimentari nei supermercati, ma anche di benzina, con il timore che possa riaccadere quanto avvenuto già 8 anni fa, la famosa guerra civile del 2011 che cambiò per sempre il paese e che terminò con l’uccisione di Gheddafi. Numerose le reazioni politiche sulla vicenda, a cominciare da quella del ministro dell’interno, Matteo Salvini: «Stiamo seguendo ora per ora, con i nostri servizi – le sue parole – e va scongiurata una risoluzione armata in un conflitto che va risolto, invece, con il dialogo». Il Premier Conte ha invece contattato telefonicamente il segretario generale Onu Antonio Guterres, esprimendo preoccupazione per quanto sta accadendo.