In un lungo articolo pubblicato dal Corriere della Sera, arricchito di testimonianze e documenti, si afferma che il gesuita scomparso in Siria nel 2013, sarebbe stato ucciso subito dopo essere stato rapito dagli islamisti dell’Isis. E’ una novità assoluta nel caso del sacerdote rapito, di cui ancora poche settimane fa si diceva fosse vivo e oggetto di una possibile liberazione. In effetti, ben pochi a questo punto sperano ancora che padre Dall’Oglio possa essere ancora vivo: in tutti questi anni non è mai stato reso pubblico un video, una foto, una dichiarazione che possa sostenere il contrario. Paolo Dall’Oglio nonostante l’Isis stesse per scatenare la grande offensiva, non aveva mai voluto abbandonare la sua gente, rimanendo a Raqqa città che sarebbe diventata capitale dello stato islamico. Scrive il Corriere: “La mattina di quel 29 luglio 2013 padre Paolo Dall’Oglio ha paura. L’appuntamento con Abu Lukhman è per le nove. Glielo hanno fissato il pomeriggio precedente i responsabili dell’Isis nei loro uffici ampi e luminosi del governatorato di Raqqa, dopo averlo rinviato una prima volta il 27 luglio. Ma Paolo adesso ritarda, indugia nervoso. Tanto che arriverà solo dopo le 11,30. “Se non esco dopo tre ore sappiate che sono stato rapito. Se dopo tre giorni non sapete nulla fate un comunicato pubblico”, dice ai suoi contatti locali”.
LA RICERCA NELLE FOSSE COMUNI
A parlare è Eyas Daes, giornalista locale che aveva accompagnato il sacerdote nelle zone curde del nordest siriano fino a Raqqa. Espulso l’anno prima dal governo di Assad, era tornato in Siria passando dall’Iraq. Il giornalista e tutti i suoi amici cercano di convincerlo a non tornare a Raqqa: “Lui però fu irremovibile. Così lo accompagnammo anche al secondo appuntamento. Non è più tornato e noi non abbiamo atteso tre giorni per denunciarlo al mondo. Per quello che sappiamo è sicuramente morto, probabilmente ucciso molto presto, nelle prime settimane, se non addirittura le prime ore del suo rapimento”. A Raqqa oggi si continuano a trovare fossi comuni. Yasser Khamis, responsabile della ricerca di queste fossi, dice che dal 9 gennaio 2018 a oggi sono state scavate tre grandi fosse comuni dove ci sarebbero almeno 7mila persone uccise. Tra questi ci sarebbe anche Paolo Dall’Oglio: “E’ tra gli ostaggi stranieri che stiamo cercando. Potrebbe trovarsi nella fossa comune di Fheha, nella zona di Kasr al Jummah, circa cinque chilometri in linea d’aria dal centro città. Ci sono acquitrini a marcite. Le piogge copiose degli ultimi mesi la rendono quasi inagibile, occorre raggiungerla in barca. I capi di Isis che abbiamo catturato ci dicono che potrebbero esserci 2 mila corpi e che là venivano buttati i resti di chi moriva in carcere. Ma va verificato”.