Quella tra Matteo Renzi e Ignazio Marino, in principio, fu la battaglia politica più estenuante all’interno del Pd : metà che sosteneva il medico-sindaco di Roma, metà contraria all’inadeguatezza del predecessore di Virginia Raggi, in pieno esplodere di “Mafia Capitale”. Il seguito lo conosciamo tutti, dalle polemiche per la sosta vietata della sua Panda fino ai “fantomatici” scontrini che costrinsero l’allora sindaco di Roma alle dimissioni più “annunciate” della recente storia politica. Ebbene, ieri la totale assoluzione per Ignazio Marino ha riacceso la polemica: tanti dem hanno preteso le scuse (dentro e fuori il Pd) per il trattamento ricevuto dall’ex sindaco, mentre altri hanno mantenuto la propria posizione non sul fronte giudiziario ma sul mero tema politico. Su tutti, è ovviamente Matteo Renzi a fare maggiore notizia visto che fu proprio lui da premier a non sostenere pubblicamente Marino durante il feroce attacco mediatico subito per diversi mesi dall’allora inquilino del Campidoglio: «La vicenda degli scontrini contro Marino è stata una violenta campagna di fango del Movimento Cinque Stelle contro l’allora sindaco per i suoi guai giudiziari. Portarono persino le arance in Consiglio Comunale, gesto barbaro, che peraltro si è ritorto contro gli stessi grillini», scrive su Facebook il senatore semplice nonché ex Segretario Pd.
TRA PD E SCONTRINI “IGNAZIO MARINO CADDE PER SCELTA POLITICA”
In merito però alle polemiche interne al Partito Democratico, è ancora Renzi a ricordare come «le dimissioni di 26 consiglieri del Pd e il decadimento del sindaco non avevano niente a che fare coi problemi giudiziari o con gli scontrini» di Ignazio Marino. Per l’ex premier le dimissioni del sindaco furono di fatto provocate dall’inadeguatezza politica e le mancate scelte e riforme per la città di Roma Capitale. «Nel 2015 la scelta del Pd romano fu totalmente figlia di valutazioni amministrative legate al governo di Roma. Il Pd romano prese una decisione politica, non fece una guerriglia giudiziaria. Si può essere d’accordo con la scelta dei consiglieri oppure no. Ma quella era una scelta politica non giudiziaria: sovrapporre i piani serve solo a regalare ai Cinque Stelle un alibi per le responsabilità nella campagna di fango che vide protagonisti loro, non certo il Pd», conclude ancora Renzi sollevando non poche polemiche proprio internamente al “nuovo” Pd di marca Zingaretti. A non tornare sui propri passi dopo l’assoluzione di Marino è anche l’ex Presidente del Pd Matteo Orfini, all’epoca dei fatti addirittura Commissario del Partito Democratico nella Capitale proprio per affiancare Marino nel momento più difficile. «Alcuni, compreso qualche dirigente del Pd, mi chiedono di scusarmi per la scelta di avere sfiduciato Ignazio Marino», spiega Orfini al Corriere della Sera, «ovviamente non credo di doverlo fare, perché quella scelta l’ho assunta spiegando fin dal primo momento che non era legata all’inchiesta. Marino non era adeguato a quel ruolo, stava amministrando male Roma, la città era un disastro».