La piazza è per definizione “contro”: quanto però sta avvenendo in Sudan ha del particolare visto che dopo diverse settimane con la richiesta che il regime di Omar el-Bashir venga destituito (dopo i tanti, troppi crimini di guerra e soprattutto lo stato di completa emergenza sociale a cui il Paese africano è sottoposto dal 1989 ad oggi), ora che il golpe dei militari è stato compiuto i manifestanti desiderano che il prossimo Governo sia civile e non un altro tipo di regime. Le analogie con l’Algeria e il caso-Bouteflika iniziano ad essere non cosi poche nonostante le diversità di temi e crisi sociali sottese al popolo algerino e a quello di Khartoum: i militari al potere in Sudan a seguito del golpe di ieri confermano oggi che «il presidente deposto Omar Al-Bashir è in detenzione» e assicurano che non sarà estradato. L’annuncio è stato fatto in una conferenza stampa a Khartoum dal generale Omar Zein Abedeen, componente del Consiglio di tradizione che ha preso il potere ieri dopo la destituzione del dittatore-presidente al potere da 30 anni. In realtà la corte internazionale dell’Aja ha spiccato da anni un mandato di cattura per Bashir accusato di genocidio in Darfur ma le autorità militari preferiscono che il loro ex leader venga processato in Sudan. La Corte penale internazionale (Cpi) nel 2009 ha lanciato un mandato d’arresto a suo carico per crimini di guerra e contro l’umanità in Darfur; a cui si è aggiunta nel 2010 l’accusa di genocidio.
LE RICHIESTE DELLA PIAZZA IN SUDAN
«Guideremo il Paese per i prossimi due anni, per ripristinare uno Stato democratico in vista delle elezioni i prigionieri politici saranno liberati e la Costituzione del 2005 sarà abrogata», ha fatto sapere ancora in serata ieri il vice-presidente Awad Ibn Auf. La piazza così però teme una nuova ondata di restrizioni delle libertà, già piuttosto “striminzite” durante la reggenza Bashir e la tango agognata “transizione democratica” potrebbe non essere così alla portata come si sperava dopo il colpo di stato. Se poi tra i vertici del potere ci ritroviamo quello stesso Ibn Auf, militare tra i principali sanguinari protagonisti del genocidio in Darfur, la “rassicurazione” per il popolo sudanese non è esattamente di quelle importanti. «Andremo a dialogare con tutte le entità politiche del paese e il futuro governo sarà civile. Dialogheremo con tutti per preparare la situazione al cambiamento e alla realizzazione delle nostre aspirazioni», continuano a parlare dal Consiglio militare sudanese. La piazza però teme che quel “governo civile” sia molto più lontano di quanto si creda: milioni in piazza prima del golpe e ancora milioni restano in manifestazione dopo la caduta di Bashir. Non basta togliere un dittatore per eliminare un regime e purtroppo troppi Paesi africani lo sanno molto bene..