Sale il nervosismo nel governo. D’accordo che la lunga campagna elettorale verso le europee impone a ognuno di correre per sé, ma l’impressione che si consolida giorno dopo giorno non è quella di una sana concorrenza, ma di una guerra nemmeno troppo attutita dal fair-play che dovrebbe essere d’obbligo tra alleati. Ormai tra Lega e 5 Stelle è una corsa alla reciproca delegittimazione. Negli ultimi giorni i terreni di scontro si sono moltiplicati. Matteo Salvini ha denunciato l’inerzia di Palazzo Chigi sulla crisi libica. Il premier Giuseppe Conte l’ha tagliato fuori dai vertici mentre Luigi Di Maio ha replicato con una dura critica al Viminale per il carabiniere ucciso nel Foggiano, culmine di una recrudescenza della criminalità che non trova ostacoli. Salvini ha estratto dal cassetto la pistola (elettrica) di cui da giugno doterà le forze dell’ordine e ha sventagliato una raffica verso il Campidoglio per le inefficienze della giunta Raggi: un classico per tutte le stagioni.
Quello che impressiona non sono le schermaglie, quanto il nervosismo, il clima da ripicca personale che regna tra i vicepremier. È un segnale di deterioramento. E su questo logorio lavora un fronte che cerca di compattarsi, formato da una nuova coppia della politica italiana composta da Giorgia Meloni e Giovanni Toti. Il governatore ligure ormai ha rotto gli indugi cercando un riposizionamento prima delle elezioni europee: fiutando un cattivo risultato di Forza Italia (o scommettendoci sopra), cerca di saltare giù dalla barca azzurra mentre ancora è in linea di galleggiamento e non quando si sarà già inclinata come il Titanic. Silvio Berlusconi l’ha già avvertito, la pazienza sta finendo, ma Toti ha alzato le spalle. Nei giorni scorsi si è scomodato a partecipare alla presentazione della prima lista formata da fuoriusciti di Forza Italia e sabato è stato l’ospite d’onore alla due giorni programmatica di Fratelli d’Italia al Lingotto di Torino.
I tempi in cui l’ex giornalista dei tg Mediaset si faceva fotografare in accappatoio sul balcone dell’albergo dove alloggiava il Cavaliere appartengono al passato remoto. Toti dice che alle europee voterà ancora Berlusconi, poi basta. Lui lo chiama un “polo repubblicano”. La Meloni preferisce definirsi “sovranista” contro il “populismo” di Salvini. Il tentativo è quello di ridisegnare il centrodestra, che in realtà ormai è un destra-centro. Mentre ai tempi di Berlusconi premier il traino era dei moderati di Forza Italia con Alleanza nazionale al seguito, ora lo schema si è ribaltato: le forze più propulsive sono Lega e Fratelli d’Italia, con Toti a cercare di traghettare da quelle parti un po’ di centristi per bilanciare la forte componente di destra e fornire un’alternativa a chi non se la sente ancora di scendere dal carro dei moderati.
Toti non pensa più a Forza Italia ma a rifare un centrodestra diverso. È l’ennesimo delfino che si stacca dal destino ritagliatogli dal leader, l’ultimo (per ora) ribelle verso Berlusconi. Ma mentre Fini, Casini, Alfano credettero di poter fare da soli, Toti cerca aggregazioni e ha trovato una prima sponda in Giorgia Meloni, che è molto attiva: a Torino ha radunato 2mila persone e ha fatto parlare, tra gli altri, il leader del Family Day Massimo Gandolfini e l’ex ministro Giulio Tremonti. Tra gli azzurri gli scontenti sono parecchi e dopo il voto europeo potrebbe scattare il rompete le righe. Il nuovo raggruppamento di destracentro è la stampella che potrebbe fare comodo a Salvini nel caso in cui la frattura con i 5 Stelle diventasse insanabile, e si rendesse necessario costituire una nuova maggioranza. Il leader leghista ha giurato e spergiurato: mai più con Berlusconi. Ed ecco pronti Toti e Meloni.