L’arresto di Kyra Kole è stato affrontato oggi anche nel corso della trasmissione Storie Italiane. La showgirl, dopo aver collezionato alcune esperienze in tv lavorando anche con Paolo Bonolis nella trasmissione Ciao Darwin e dopo alcuni ruoli anche al cinema, da qualche tempo gestiva un centro massaggi a Carate Brianza, piccolo centro in provincia di Monza. Qui tutti sapevano ma facevano finta di non vedere ciò che di fatto accadeva all’interno della struttura, ufficialmente considerata un centro massaggi ma all’interno della quale, di fatto, avveniva tutt’altro. “Era una sorta di casa chiusa”, ha spiegato l’inviato della trasmissione Rai. Sette ragazze si alternavano man mano che giungevano i clienti che giungevano da varie zone limitrofe. A confermare il grave quadro accusatorio a carico della donna, l’ungherese Edyna Greta Gyorgy, meglio nota con il nome d’arte Kyra Kole, sono state le telecamere che hanno confermato come la stessa gestisse un vero e proprio giro di prostituzione. Dalle ragazze pretendeva il 50% dei proventi, per un giro d’affari di 70 mila euro l’anno.
KYRA KOLE, SHOWGIRL CIAO DARWIN ARRESTATA: TRATTENEVA METÀ DEI PROVENTI
A commentare l’incredibile vicenda è stato anche l’avvocato Calabretta che, in studio, ha asserito: “è stata costituita una vera e propria impresa di escort”. Ovviamente la donna aveva estorto anche denaro alle donne obbligandole a cedere il 50% dei proventi: “E’ un’indagine che porterà al processo”, ha spiegato il legale. Nonostante il desiderio palesato in più occasioni di sfondare nel mondo dello spettacolo, la donna in realtà aveva altri obiettivi, come emerso dalle indagini condotte nei mesi scorsi dai carabinieri di Seregno. Da qui emergerebbe il ritratto di una donna inflessibile, attenta a far funzionare con grande rigore il suo centro massaggi che vantava di tenere aperto sette giorni su sette ma dove in realtà avvenivano incontri a luci rosse. Secondo quanto emerso dagli atti, Kyra era solita reclutare le sue ragazze tramite inserzioni online ed a ciascuna di loro faceva aprire una partita Iva al fine di dare una parvenza di legalità, come se fossero libere professioniste. Eppure, secondo le accuse, avrebbe trattenuto per sé anche la metà dei ricavi.