Natasha Chokobok, la 29enne di origini ucraine scomparsa lo scorso 9 aprile da Legnago (Verona), è stata ritrovata senza vita nel primo pomeriggio di ieri sulle rive dell’Adige. Era uscita di casa per gettare l’immondizia, così aveva detto lei, ma in casa non vi ha fatto più ritorno. Cosa è successo? Ogni ipotesi al momento sembra plausibile, a cominciare da quella del suicidio, anche perché da una prima ispezione sul cadavere non sembrano essere emersi segni che facciano pensare ad una morte violenta, ma è ancora troppo presto per giungere a conclusioni. Si sa solo che Natasha aveva alle spalle una vita complicata, per lo meno stando a quanto sostenuto dai parenti di lei, con il compagno e padre della loro figlia, un 35enne rumeno, accusato dalla madre della vittima di essere un violento, accuse che il diretto destinatario smentisce e rimanda al mittente. L’ultimo a puntare il dito contro Alin, così si chiama il fidanzato di Natasha, è stato Sergio, lo zio della ragazza. «Ha fatto tutto il possibile per portarla a morire», spiega ai microfoni del Corriere della Sera, «È uno che stava con il manganello sotto il letto – dicono invece i parenti della – e ogni volta che andavamo a prendere lei all’ospedale le dicevamo di lasciarlo. Ma lei tornava sempre da lui».
NATASHA CHOKOBOK, CORPO TROVATO IN RIVA ALL’ADIGE
Pare che Alin la picchiasse/a>, e più volte Natasha sia stata ricoverata in ospedale, ma il 35enne rumeno ha la fedina penale pulita, ad eccezione di due denunce presentate proprio dalla sua ragazza, poi ritirate. Una vicenda ancora tutta da chiarire, ma la sensazione circolante è che il padre della loro bimba non sia davvero coinvolto, o per lo meno, non direttamente. E invece più probabile che sia stata Natasha a compiere un gesto tragico per scappare definitivamente da quella vita che forse non le piaceva più. Toccherà agli inquirenti capire se vi siano i margini per un’istigazione al suicidio o meno.