La pantomima della politica italiana sull’andamento dell’economia e sulle azioni da intraprendere sta raggiungendo il ridicolo. L’attuale Governo, dopo aver lottato strenuamente “contro” l’Europa, ha ottenuto il brillante risultato di aver “concordato” un deficit pari al 2,04%, cioè quasi il 30% inferiore al 2,9% ottenuto da Renzi e Gentiloni. Quindi austerità più stringente dei governi precedenti. Poteva migliorare l’economia in queste condizioni? No, ovviamente. Eppure, facendo i salti mortali, la produzione industriale in questo inizio di 2019 è cresciuta (+2,6%) più della media europea e molto più della Germania (-0,6%), dove la piccola e media impresa si sta avvicinando pericolosamente al collasso. Ma questo piccolo miracolo non è certo dipeso dallo striminzito deficit del 2,04% concordato con l’Ue.
Questo è il Governo attuale, quello del cambiamento. Per carità, l’opposizione è pure peggio, tanto che due uomini politicamente scaltri come gli economisti Borghi e Bagnai hanno avuto gioco facile nel replicare alle critiche. I loro gustosi interventi sono visibili su internet qui e qui, ma questo tipo di repliche rischiano di essere un clamoroso autogol. Infatti Bagnai, al di là di qualche battuta di colore (“l’opposizione parla di Pillon ma non di Pil…”), ha puntato la sua replica sul fatto che la produzione industriale è cresciuta perché il Governo ha sbloccato i fondi per un certo numero di cantieri. Bene, ma questa fortunata combinazione (fortunata per l’attuale Governo) di inazione dell’esecutivo precedente e di azione dell’attuale chiaramente non si potrà ripetere o replicare. E pure Borghi, puntando il dito sulle sballate previsioni del Pil dei governi precedenti e pure sul debito (sempre cresciuto, nonostante i proclami da Monti in poi) ha di fatto dato credito a un argomento che credito non ha e politicamente non deve avere in modo così pesante: l’argomento del debito. Lui stesso ha sempre combattuto contro la narrativa sul debito oggi dominante e ora ha fatto un autogol.
Ma la cosa ridicola è l’aver concordato con l’Ue un deficit pari allo 2,04% del Pil, cioè meno della metà di quello che sarebbe necessario per innescare la ripresa economica. Si tratta di una previsione e come tale dovrebbe essere trattata: specificare i decimi e i centesimi è stata una clamorosa presa per i fondelli. Le previsioni su questo dato negli ultimi anni sono risultate sballate a volte di punti interi. La “piccola” cosa di cui non si tiene conto è che il 2,04% (o qualsiasi altra cifra) è un rapporto tra quanto lo Stato presume di spendere (se non intervengono necessità impreviste, che intervengono sempre) e il Pil, grandezza che lo Stato influenza ma non ha minimamente sotto controllo, soprattutto se una parte rilevante di questa (come nel caso dell’Italia) dipende dall’estero, dall’andamento dell’economia nel mondo.
In questo senso, viene in mente il “palco ecologico” allestito per la manifestazione di piazza della giovane Greta Thunberg, un palco alimentato dalla corrente generata da 120 generosi pedalatori di biciclette collegate a un generatore di corrente. Ovviamente non c’è la minima valutazione dell’impatto ambientale di tali sistemi “ecologici”, sia nella fase di produzione che in quella dello successivo e necessario smaltimento. Domande che la giovane svedese evidentemente non si è posta. Idem per chi ci governa: l‘economia e la società civile stanno collassando e la politica, impegnata nelle prossime elezioni europee, discetta di decimali o centesimi di un valore completamente sballato.
“Il mondo ha assistito con orrore ed enorme dolore all’incendio di Notre Dame, ma questa sarà ricostruita. Spero che le nostre fondamenta siano ancora più solide, ma temo non lo siano (…) La nostra casa sta crollando e il tempo stringe, e niente sta succedendo. Bisogna pensare come se dovessimo costruire una cattedrale, vi prego di non fallire”. Parole da sottoscrivere in pieno, ma indirizzate al soggetto sbagliato. Chi le ha dette? Le ha dette proprio Greta, nel suo incontro agli eurodeputati. Ma come è visibile in questo breve video, tra i primi dieci paesi al mondo che emettono più CO2, di europeo c’è solo la Germania, mentre i record di emissione appartengono a Cina, Usa, India, Russia e Giappone, che messe insieme fanno l’86% delle emissioni dei primi dieci.
Ma l’appello di Greta a “pensare come se dovessimo costruire una cattedrale” è destinato a cadere nel vuoto soprattutto perché dimentica un ingrediente fondamentale per costruire una cattedrale: la fede. La fede è quell’ingrediente indispensabile che rende una cattedrale, come una qualsiasi altra opera umana, un elemento fondamentale e rappresentativo di una cultura, di un popolo, di un insieme di valori, di uno spirito capace di sopravvivere alle intemperie della storia.
Tutto questo è quello che manca proprio all’Europa. Greta è andata nel posto sbagliato a chiedere una cosa che non possono fare. E lo stesso comportamento miope dei nostri governanti presuppone un valore che l’Europa non ha e non ha mai avuto perché fin dalla sua costituzione l’ha rifiutato. Ha rifiutato di riconoscere le proprie radici cristiane e quindi ha rifiutato quell’ingrediente essenziale per la costruzione delle cattedrali. Ma è lo stesso ingrediente essenziale per ogni opera umana che abbia la pretesa di durare nel tempo.
L’Europa sta collassando sotto le macerie della propria incapacità di dare risposte reali alle esigenze popolari. Sabato è stata la ventitreesima settimana di protesta dei gilet gialli (ancora tre settimane e saremo arrivati a sei mesi) e durante le manifestazioni la popolazione ai poliziotti ha gridato “suicidatevi tutti”, riferimento evidente ai dati preoccupanti sui suicidi tra le forze dell’ordine, che ha raggiunto i 23 casi dall’inizio dell’anno: segno evidente di uno Stato che, allo stadio terminale, non riesce a difendere e sostenere nemmeno chi è pronto a dare la vita per esso.
L’Europa sta collassando e Greta è andata a chiedere aiuto ai responsabili di questo collasso. Quelli l’hanno accolta a braccia aperte, alla ricerca disperata di un nuovo idolo religioso da adorare e far adorare alle masse.