La settimana finanziaria che ci siamo lasciati alle spalle ha confermato la forza dei principali listini azionari statunitensi. Sul Vecchio continente le variazioni percentuali hanno evidenziato uno stato di incertezza da parte degli operatori: i listini dell’area euro sembrano prossimi a un ulteriore e potenziale upside, ma, dal punto di vista della loro forza relativa, gli scambi stentano a concretizzare tale scenario. Medesime considerazioni per le piazze asiatiche che appaiono rallentare i loro corsi. Le risultanze grafiche che emergeranno dall’ottava in corso saranno fondamentali in ottica di posizionamento.
Il Bel Paese ha vissuto una settimana caratterizzata da importanti appuntamenti sia di natura politica che finanziaria: il saldo finale è negativo di un solo punto percentuale, ma, tenuto conto della rilevanza dei singoli accadimenti, poteva essere molto più ampio. L’inizio di ottava si è subito distinto per il tanto atteso Consiglio dei Ministri – durante il quale – si sarebbe potuto assistere all’innesco (concreto) di una crisi di Governo per via del provvedimento “Salva Roma”: la prova parlamentare è stata comunque superata. Fatta eccezione per alcune schermaglie dialettiche il tutto è stato archiviato: il confronto (a tratti molto teso) tra i vari leader politici è diventato prassi quotidiana e, pare ormai ovvio, come l’intento sia quello di alzare il livello di scontro in ottica di prossime scadenze elettorali.
Sul finire di ottava, a mercati chiusi, è giunto il verdetto da parte dell’agenzia statunitense Standard & Poor’s: rating invariato a BBB e outlook confermato a negativo. Una notizia che il mercato obbligazionario ha probabilmente voluto anticipare – scontandone l’esito – già nel corso dell’ultima giornata di scambi: il future sul Btp decennale ha registrato un sostanziale incremento su base daily contribuendo pertanto al ridimensionamento dello spread (ritracciamento dalla precedente soglia dei 270 punti ai valori della chiusura a circa 260 pb). Se quest’ultima considerazione fosse corretta, si dovrebbe assistere a un’ulteriore diminuzione del differenziale già nel corso delle prime ore di contrattazioni: il monitoraggio è pertanto consigliato anche in ottica equity per via della potenziale correlazione (spread in calo/mercato azionario in rialzo).
La nostra preannunciata prudenza viene confermata soprattutto a seguito dell’avvenuta violazione della trend line mediana del Raff Regression Channel tracciata sul Ftse Mib: solo con il superamento (in chiusura) di area 21.889,06 punti si potrebbe nuovamente assistere a nuovi massimi. Scenario opposto in caso di cedimento di soglia 21.618,69: una violazione (con maggior valenza ai fini operativi se registrata in chiusura) comporterebbe un più ampio ritracciamento fino a quota 21.348,90 punti. Da sottolineare come il fronte algoritmico appare compromesso (sell signal) in ottica di brevissimo periodo su entrambe le tipologie di strumenti impiegati (leading e lagging indicators).
Sul versante oltre oceano abbiamo potuto assistere alla pubblicazione di importanti dati: nel primo trimestre dell’anno, il Pil Usa ha evidenziato un incremento del 3,2% ovvero un dato migliore rispetto al 2,5% atteso. Molti osservatori hanno però sostenuto quanto il rialzo sia dovuto essenzialmente all’esportazioni e alle scorte aziendali. Ulteriore osservazione che ha “raffreddato” l’umore degli investitori è da ricondurre al fronte dei consumi: le famiglie hanno registrato un incremento dell’1,2% mentre le aziende hanno investito contribuendo a un rialzo del 2,7% (su base annua) rispetto al +5,4% dell’ultimo trimestre del 2018. Significativo il dato concernente l’inflazione (componente core): salita all’1,3% e pertanto ben al di sotto dell’obiettivo (2%) definito dalla Fed.
Come già indicato nei nostri precedenti interventi, la piazza statunitense appare meglio impostata rispetto ai principali indici europei: ne consegue pertanto un maggior orientamento in ottica di posizionamento. Solo il ritorno dei prezzi (indice S&P500) sotto area 2.893,24 punti comporterebbe un cambio di outlook di breve termine. Il raggiungimento di soglia 3.000 punti appare plausibile ma solo in “ottica psicologica”: come già descritto è fisiologico assistere ad una fase di potenziali realizzi anche perché alcuni oscillatori presentano valori in territorio negativo (sell signal).
Sul versante valutario, il quadro da noi delineato lo scorso 8 aprile, ha trovato conferma: il cross Euro/Usd ha raggiunto il target individuato a 1,114 (minimo weekly a 1,111) confermando il trend negativo di breve termine. L’attuale obiettivo grafico è individuabile a quota 1,1087. Auspicabile un incremento di volatilità nei prossimi giorni con ATR daily caratterizzati da ampi valori soprattutto in caso di violazione dell’area posta a 1,11.