Ha fatto il giro del web la notizia del figlio del boss che si è presentato alla prima Comunione a bordo di una Ferrari rossa fiammante. Già perché le cerimonie per i sacramenti, dal battesimo alla comunione, passando per il matrimonio, stanno divenendo sempre più degli show, e sempre meno dei riti religiosi da vivere in maniera intima ed educata. «Negli anni – denuncia a riguardo il giornalista Giovanni Marcotulli per Aleteia.org – mi è capitato di vedere perfino parroci che organizzavano due prime comunioni: la prima, quella vera, solo con bambini e genitori; la seconda, che è piuttosto una “seconda comunione”, con i parenti e i fotografi». La Comunione in Ferrari di Bari, era la prima celebrata per il parroco salesiano Antonio D’Angelo, che aveva infatti assunto l’ufficio solamente lo scorso 23 settembre: «Mai viste cose simili – il suo commento – che detesto e non approvo affatto. Non hanno nulla a che vedere con i sacramenti».
COMUNIONE IN FERRARI PER IL FIGLIO DEL BOSS, SDEGNO DEL PRETE
Fondamentale è proprio la parola “sacramenti”, visto che niente è più lontano degli stessi dalle dinamiche social, ma molti “fedeli”, sempre che di questo si possa parlare, tendono a trasformare un momento di comunione in una festa che nulla a che vedere con la chiesa: «È una ostentazione di forza da parte di questi criminali – ha commentato a ilfattoquotidiano.it il parroco della Chiesa don Antonio D’Angelo – un gesto offensivo verso tutta la società civile. Questa gente utilizza le strade, le piazze come fossero di loro proprietà. La mia comunità – ha proseguito e aggiunto don Antonio – è sdegnata. Il male in questo quartiere è una piccola parte che fa più rumore del bene». Già perché oltre all’aspetto festaiolo della Comunione, c’è anche la questione legalità, la necessità da parte di un boss di ostentare il suo lusso, ottenuto forse in maniera discutibile, in barba all’autorità e alla brava gente.