Matteo Salvini ha voluto dire la sua sull’omicidio di Marco Vannini, con la famiglia di Antonio Ciontoli che ha presentato ricorso in Cassazione. Dopo il post pubblicato sui social, il ministro dell’Interno ha commentato ai microfoni di Terzo Binario: «Non puoi ammazzare un ragazzo di 20 anni con la complicità dei tuoi famigliari, oltretutto indossando una divisa ed essere condannato a 5 anni. Non faccio né il giudice né il magistrato, posso esprimere il mio sostegno ad una famiglia e ad una comunità e dire che è una vergogna che la vita di un ragazzo di 20 anni ucciso in maniera vigliacca ed infame scientemente e coscientemente costi 5 anni di carcere, che poi fra indulti, mezzi indulti, sconti di pena e buona condotta vuol dire la metà». Il capo del Viminale poi mette nel mirino i giudici: «Li avrei voluti vedere quei giudici che hanno preso questa decisione. Detto questo non è finito il processo quindi conto che giustizia venga fatta. Ovviamente il Ministro dell’Interno non può influire o incidere sulle sentenze. Può ed è suo diritto esprimere lo sconcerto che tanti hanno espresso. Spero che chi ha spagliato e sa di aver sbagliato per ore e ore, perché quel ragazzo si poteva salvare, paghi. Paghi il giusto e non di più, due o tre anni è un insulto». (Aggiornamento di Massimo Balsamo)
DIFESA CIONTOLI CONTRO SALVINI
Anche il vicepremier e ministro dell’Interno Matteo Salvini ha commentato le ultime novità del caso relativo alla morte di Marco Vannini. I legali della famiglia Ciontoli hanno presentato ricorso in Cassazione per chiedere uno sconto della pena. «La vita di un ragazzo di vent’anni, ucciso in maniera vigliacca, vale solo cinque anni di carcere? E gli assassini chiedono anche uno sconto… vergogna. Questa non è “giustizia”», aveva scritto su Facebook il leader della Lega. E poi ha rivelato di aver contattato la mamma di Marco Vannini per esprimere la sua vicinanza. Non è tardata ad arrivare la replica a mezzo stampa di Pietro Messina e Andrea Miroli, i due avvocati dei Ciontoli: «Preferisce etichettare le sentenze dei Giudici ed il diritto dei cittadini di ricorrere anche alla Suprema Corte di Cassazione come una “vergogna”». Così, spiegano gli avvocati, Salvini «infrange così quell’antico (e non ancora abolito) principio della divisione dei poteri insito in ogni Stato di diritto, al quale, evidentemente, il personaggio fatica ad abituarsi». E hanno rivendicato il diritto costituzionale di rivolgersi alla Corte di Cassazione: «Facciamo presente che nella nostra Carta fondante è sancito il diritto irrinunciabile alla difesa giurisdizionale dei diritti all’interno di un processo “equo”, dinnanzi ad un giudice terzo ed imparziale, nel contraddittorio delle parti».
MARCO VANNINI, PARLANO I GENITORI
Intanto i genitori di Marco Vannini sono tornati a parlare a “La Vita in Diretta”. Il papà ha raccontato di come vive senza il figlio: «Ho una passione che condividevo con Marco: la moto. Quando vado in moto mi sento Marco dentro, come se lui guidasse». La mamma invece ha ancora tante domande: «Vorrei chiedere alla signora Ciontoli, come si fa a sentire quelle urla disumane? Federico si era reso conto che era stato sparato un colpo d’arma da fuoco. E Martina era la fidanzata di mio figlio… Non mi hanno permesso di stare vicino a mio figlio, questo me lo porterò fino alla morte». Ed è proprio su Martina Ciontoli che si sofferma di più: «Lei diceva di amare mio figlio, parlavano di matrimonio e di un futuro insieme. Io avevo fiducia in questa famiglia, se no mio figlio non sarebbe stato lì quella sera». Quando le viene riportato che gli avvocati dei Ciontoli sostengono che siano stati proprio loro a “fomentare” l’opinione pubblica, la mamma di Marco Vannini replica: «Gli atti sono di dominio pubblico, chiunque li legge può rendersi conto delle stupidaggini che sono state dette». Poi ha raccontato cosa gli manca del figlio: «A me di Marco manca l’abbraccio, quel “buongiorno mamma”, il contatto, ma per il resto è sempre presente nella mia vita». E quindi cosa fa per sentirlo ancor più vicino: «Quando sto male prendo il suo cellulare e comunico con lui. Gli mando dei messaggi e alcune volte mi sono risposta. Il mio psichiatra me l’ha proibito perché devo rielaborare il lutto. Alla fine mi sono resa conto che forse aveva ragione, quindi ho smesso».