La Procura di Roma ha chiesto la convalida del fermo e la custodia cautelare in carcere nei confronti di Stefan Catoi, il 26enne romeno sospettato di aver ucciso Imen Chatbouri. Secondo gli investigatori sarebbe stato lui a spingere giù dal parapetto, a Ponte Sisto, la 37enne di origine tunisina trovava morta lo scorso 2 maggio. L’avrebbe sollevata per le caviglie, facendole fare un volo di circa dieci metri prima dell’impatto rovinoso con il suolo. Al gip la decisione: ha 48 ore di tempo per programmare l’interrogatorio di convalida in carcere. L’uomo è accusato di omicidio volontario e premeditato per non aver accettato di essere stato rifiutato da lei. Imen aveva trascorso la serata all’Antico Caffè Castellino di piazza Venezia col fidanzato olandese e Stefan Catoi fino all’1.30. Il fidanzato si sarebbe allontanato perché innervosito dagli atteggiamenti del 26enne. Dopo circa due ore la tragedia. Per risalire a Stefan Catoi è servito il racconto del fidanzato della donna e le immagini delle telecamere di videosorveglianza. È stato ripreso mentre la inseguiva sul lungotevere e la spingeva giù dalla balaustra, poi avrebbe provato a far passare la morte per un suicidio.
IMEN CHATBOURI, CHIESTA CONVALIDA FERMO PER STEFAN CATOI
Che cosa ha spinto Stefan Catoi a pedinare Imen Chatbouri e ad ucciderla? Forse i due, dopo l’allontanamento del fidanzato di lei, si sarebbero appartati. Poi potrebbero aver litigato, quindi il 26enne romano avrebbe pianificato la sua vendetta. Le telecamere del lungotevere riprendono la spinta fatale: è la prova regina. I poliziotti temevano che fosse già tornato in Romania, invece aveva solo spento il telefonino e continuava ad andarsene in giro nei luoghi che frequentava anche Imen. Quando è stato fermato dalla polizia si è mostrato sorpreso: «State facendo un errore. Non so nemmeno perché mi state arrestando», ha dichiarato come riportato dal Messaggero. Se dovesse essere confermata l’ipotesi di reato dell’omicidio volontario aggravato dalla premeditazione, il caso si avvierebbe verso un possibile ergastolo. Gli inquirenti hanno un asso nel filmato: l’assassino a passo svelto, ma senza correre o barcollare (quindi non sarebbe ubriaco), si avvicina alla ragazza e senza darle tempo di reagire la butta giù.