Caro direttore,
siamo un gruppo di amici, in buona parte eletti nelle amministrazioni locali di alcuni Comuni lombardi e di altre regioni. Siamo madri, padri, lavoratori, persone che nonostante gli impegni e la complessità della vita, o forse proprio grazie a queste nostre storie particolari, spesso drammatiche e faticose, hanno deciso di contribuire alla vita della propria comunità attraverso la politica. Più che una scelta è una vocazione che ci siamo trovati addosso e che stiamo verificando nel tempo, dagli anni della rappresentanza studentesca ad oggi. Ci occupiamo di politica, quella “nuda e cruda”, fatta di incontri con i nostri concittadini e notti in aula, di appartenenza a partiti pieni di difetti, di compromessi e trattative.
Questa esperienza abbiamo deciso di farla insieme, perché non possiamo non riconoscere un’origine comune che ci ha cambiato il cuore in tutto quello che facciamo. Anche nel “metterci la faccia” in un periodo di forte antipolitica.
Con la nostra associazione (“Nuova Generazione”) lo scorso anno abbiamo organizzato momenti di formazione su temi che toccano la nostra attività di amministratori, approfondendo, per esempio, le politiche di gestione dell’immigrazione e la grande trasformazione che vive il mercato del lavoro. A Milano alcuni di noi hanno anche lanciato un’iniziativa aperta a diversi partiti per preparare la sfida delle prossime amministrative, facendo scegliere a elettori, amici e sostenitori chi dovesse guidare questo nuovo coordinamento, dando così vita a un dialogo con cittadini e associazioni che non si limiti alla richiesta del voto a poche settimane dalle elezioni.
Non sono mancate, in questi anni, le delusioni e le sconfitte o i momenti in cui la nostra unità è stata messa alla prova. Ma la certezza del fatto che siamo messi in un cammino, quello del movimento, ci dà la possibilità di rialzare lo sguardo sempre e ripartire. Nel tempo ci siamo trovati più amici, l’uno più affezionato al destino dell’altro, più capaci di stima e di correzione reciproca. Soprattutto il miracolo dell’unità ci rende capaci di proporre questa esperienza agli altri.
Per esempio, nelle scorse settimane abbiamo deciso di proporre a tutti un incontro per approfondire il merito del voto europeo e per conoscere tre nostri amici che hanno scelto di candidarsi. Abbiamo insistito perché ci fossero tutti e tre, anche se provengono da “correnti diverse” e se tra loro esiste inevitabilmente una competizione interna. Nel corso dell’incontro è emersa un’unità di contenuti e di esperienza che ha generato un cambiamento nella modalità di fare la campagna elettorale nelle settimane successive: le agende sono state modificate per organizzare altri momenti condivisi ed è stato stampato nuovo materiale che promuovesse unitariamente i tre candidati.
In un tempo in cui quasi più nessuno vuole incontrare i candidati per l’idea sempre più diffusa che il politico sia un “poco di buono” da tenere ben lontano e in cui ci si ferma a quello che si legge sui social network, abbiamo voluto fare questa proposta perché nella nostra esperienza abbiamo avuto la grazia di incontrare persone che concepiscono la politica con gratuità, come strumento necessario per difendere il buono che esiste nella società. È forse una rarità, una razza in via di estinzione, ma dal nostro punto di vista deve essere sostenuta e accompagnata.
Questo rapporto tra le persone e chi gioca nell’agone politico va riscoperto, sia prima che dopo le elezioni. Perché chi viene eletto possa sapere a chi “rispondere”, ed esserne aiutato, e chi elegge possa avere un punto di riferimento con cui dialogare, confrontarsi e porre i propri bisogni e desideri.
Siamo usciti da quell’incontro contenti, non perché ha partecipato tanta gente, tanti giovani, ma perché nel costruire questa semplice occasione di unità abbiamo riscoperto ancora di più la ragione del nostro stare insieme, che è l’accompagnarsi per diventare sempre più se stessi.
Uno di noi alla fine della serata ci ha scritto: “Vi ringrazio di questi giorni. Per me è stata una cosa molto importante esserci. Fino a qualche tempo fa tutto mi pareva finito, tutto senza speranza e inutile, tanto più l’impegno politico. Mi ha colpito esserci in prima persona, come io sono ora. Qual è il contributo che porto? Semplicemente me stesso, con il mio desiderio di vivere, la voglia di costruire che corrisponde infinitamente di più del nichilismo, anche con il mio dolore, e con la certezza che mia moglie – che ci ha preceduti in Paradiso un anno fa – era con me perché vuole che io viva”.
Filippo Boscagli (Lecco), Matteo Forte (Milano), Deborah Giovanati (Milano), Lorenzo Margiotta (Milano)