La Corte d’appello di Parigi ha ordinato la ripresa delle cure che tengono in vita Vincent Lambert, il tetraplegico in coma irreversibile da oltre un decennio che, in Francia, è diventato un simbolo del dibattito sull’eutanasia. Sono stati i genitori di Lambert a rivolgersi all’Onu perché si esprimesse su una corretta interpretazione di ciò che implica oggi un vero rispetto dei diritti umani. E la Corte d’appello di Parigi ha fatto marcia indietro, ordinando di riprendere le procedure di alimentazione e idratazione, già interrotte, per mantenere in vita Lambert fino a quando sul caso non si sarà pronunciato il comitato dell’Onu.
In altri termini, il tribunale ha ordinato allo Stato francese di adottare tutte le misure necessarie per far rispettare le richieste fatte, in via provvisoria, il 3 maggio 2019, dal Comitato internazionale sui diritti delle persone con disabilità, necessarie per mantenere l’alimentazione e l’idratazione di Lambert. Sono stati i genitori di Lambert, sostenuti da una vasta eco nell’opinione pubblica, a far rimbalzare il tema dell’eutanasia del figlio, perché di questo in definitiva si trattava, da Parigi a New York, dalla Francia all’Onu per garantire al figlio il più elementare dei diritti umani: il diritto a vivere.
Tutto è partito dal più radicato dei legami umani: quello che lega genitori e figli, e che in definitiva altro non è che il fondamento del diritto di ognuno di noi ad avere una famiglia. Diritto alla vita e diritto alla famiglia, due diritti naturali che una sentenza aveva tentato di spazzare via con un colpo solo e che un’altra sentenza ha deciso di reintegrare. I suoi genitori stanno lottando per sottrarlo a una morte imposta da un tribunale, a conferma che la pena di morte non è mai del tutto scomparsa dalla nostra pur civilissima società.
Non si può nascondere la complessità dei problemi legati al fine vita, ma non possiamo neanche trascurare il fatto che privare un uomo di alimentazione e idratazione significa cagionargli la morte, cioè ucciderlo. Ed è questo il vulnus più grave contenuto nella legge italiana sul fine vita, la legge 219/2017, articolo 1 comma 5: sospendere nutrizione e idratazione equivale a una morte senza via di ritorno. E resta tale anche se ad alcuni piace parlare di “diritto”, “progresso”, “conquista” eccetera.
Ma proprio per questo vale la pena ricordare chi è Vincent Lambert: un uomo di 42 anni gravissimamente disabile; reso tetraplegico e in “stato di minima coscienza” in seguito a un incidente stradale. Ma Vincent non è malato, non è in fase terminale, non è in coma, non è in stato di morte cerebrale. Vincent non è attaccato a macchinari. E quindi non c’è spazio per quei dilemmi a cui i mass media hanno dato enorme risalto negli ultimi 10 anni: non c’è alcuna spina da staccare e Vincent vive con l’aiuto di semplici cure palliative. Nella sua vicenda non è in gioco solo la sua vita o la sua morte, ma il senso della vita di ogni uomo, soprattutto quando nella sua vita irrompe una grave malattia, che comporta una pesante disabilità. Ossia quando la sua fragilità rimanda a quel bisogno degli altri che definisce il paradigma dell’etica della cura.
L’arcivescovo di Parigi, intervenendo in merito alla vicenda di Vincent, fa un paragone che merita di essere tenuto nella massima considerazione, per comprendere meglio analogie e differenze nell’approccio al tema delle cure rivolte ai pazienti in stato di minima coscienza, come per l’appunto è il caso di Vincent. E lo fa prendendo come termine di paragone il caso di Michael Schumacher. “Il suo caso è assai vicino a quello di Michael Schumacher, che per un trauma cranico ha riportato gravi lesioni cerebrali, e anch’egli è in stato pauci-relazionale. Malgrado la celebrità del campione di Formula 1, i media non hanno messo le mani sul suo caso clinico ed egli può tuttora godere di cure specialistiche molto attente in un contesto privato. Nel caso specifico del signor Vincent Lambert constatiamo che ha gli occhi aperti, che respira normalmente, che è stabile, tutto fuorché in fin di vita. Ha bisogno di un assistente e di un’infermiera che assicurino il nursing e il cambio di posizione, di un kinesiterapeuta per evitare le piaghe. La nutrizione e l’idratazione si fanno per gastrostomia o per sondino nasogastrico”.
L’illustre prelato continua: “La decisione di interrompere le cure di comfort e di nutrizione di base in un paziente handicappato va contro la legge Léonetti. Nessuno ha fatto menzione del fatto che egli presenti sofferenze insopportabili che necessitino di una sedazione profonda, salvo evidentemente il caso in cui l’arresto dell’idratazione da parte dei medici comporti il crudele dolore della morte per sete. Non si tratta di ‘accanimento terapeutico’, poiché non parliamo di interventi curativi per una malattia incurabile, ma semplicemente di interventi corporali e nutrizionali di base, che sono dovuti anche a persone anziane degenti, emiplegiche, e ai neonati che non sono ancora autonomi”.
In altri termini Vincent ha semplicemente diritto all’assistenza che amorevolmente gli è sempre stata prestata, in particolare dai genitori. Già qualche anno fa Vincent aveva subìto un arresto dell’alimentazione e dell’idratazione, al quale era sopravvissuto in modo sbalorditivo. E sempre perché i suoi genitori non si erano rassegnati, avevano lottato, fino a ottenere che riprendessero le cure palliative di cui aveva bisogno.
La mobilitazione dell’opinione pubblica a favore di Vincent è una risposta di grande civiltà davanti a una visione dell’uomo che tollera di rottamare le persone quando non servono più a niente. Lo specifico dell’umanità si fonda non sull’utilità di una vita, ma sulla qualità delle relazioni tra le persone che rivelano l’amore. Ed è questo quello che testimoniano i genitori di Vincent, a nome dei genitori di tutto il mondo.
Perché è proprio questo quello che accade quando una madre si prende cura dei suoi figli, soprattutto di quello che soffre o è più fragile. Il bivio davanti al quale ci troviamo è quello che misura la vita con il metro della produttività o con la qualità dei legami di cura. Garantire a Vincent nutrizione e idratazione significa fare una scelta in cui la fragilità umana ha sempre diritto di cittadinanza, perché troverà sempre qualcuno che se ne prenderà cura.
Anche in Italia lo stato della legge sull’eutanasia è a un punto di svolta, sollecitato dalla stessa Corte costituzionale. E invece di fare un investimento a tutela del diritto alla vita, soprattutto della vita fragile, potenziando la legge 38/2010, si preferisce esasperare tutte le ambiguità della legge 219/2017 facendone l’anticamera della legge sull’eutanasia.
Molte le proposte depositate in questa legislatura dal M5s e dal Pd per approvare una legge sull’eutanasia; si cerca di legittimare il suicidio assistito e si vuole trasformare quella che è una evidente contraddizione rispetto ai diritti umani fondamentali spacciando per diritto individuale quello che pretende di piegare il Ssn all’interruzione delle cure palliative, alla sospensione intenzionale della vita in un soggetto fragilissimo, come è quello che si trova in stato di minima coscienza.
Oggi ci rallegriamo per il cambio di passo del tribunale francese e soprattutto auguriamo lunga vita a Lambert, ma restiamo in attesa di capire come si comporterà questo governo davanti alla scadenza del 24 settembre, in cui la Corte costituzionale ha fissato un limite che sembra irrevocabile sul sì o sul no dell’Italia all’eutanasia. Ma se in Francia oggi, a pochi giorni da una sentenza tanto ingiusta quanto crudele, hanno ricominciato a sperare, forse c’è speranza anche per noi…