La vera crociata

Cristo ritornò dai suoi: non per ripicca, ma per ripetere che l’aveva vinta Lui. Non la Menzogna. Da Betania parti la prima crociata. È ancora in corso

Riparte. È appena rientrato dall’aldilà e già riparte per l’aldilà: “Il miracolo non è essere giunto al traguardo – disse Jesse Owens, uomo di pazze velocità -, ma avere avuto il coraggio di partire”. Di ripartire, ricominciando sempre. È la misurazione di velocità del Cristo Risorto. Tempo di rientrare tra i suoi – c’erano cuori da consolare, filamenti da rammendare, delle trame da ricucire – che già è in rampa di lancio: “Li condusse fuori verso Betania”. La rimpatriata durò una quarantina di giorni: apparve a pochi, a moltissimi, a chi volle.

Ritornò perché la Menzogna, che è la figlia maggiore di quel bischero di Lucifero, non generasse altre asinate, oltre a quelle già partorite: “L’hanno rubato gli amici, hanno pagato i beccamorti, il cadavere è stato trafugato. Per poi spargere voce ch’è risorto”, boicottavano i nemici tutti, orchestrati dal Nemico. Lui (ri)tornò: perché l’aveva promesso – insegnando che le promesse vanno mantenute, almeno, in questa vita -, eppoi perché doveva dare loro gli ultimi ammaestramenti. Dovette prima morire, poi ritornare a dividere l’eredità, per affidare a ciascuno una fetta: non tutti gli amici erano convinti che l’avesse vinta Lui. Ritornò, dunque: non per ripicca, figurarsi, ritornò per ripetere che l’aveva vinta Lui. Non quell’altro idiota.

Quando, dopo essere ritornato nella terra che l’ha generato, riparte, alza la posta in gioco dei discepoli: “Di questo voi siete testimoni”. Il Condannato, una volta risorto, condanna gli amici alla croce della testimonianza, alla crocifissione del martirio in memoria di Lui: “Racconterete, narrerete, perdonerete. Il tutto con la vita, a scapito della vita, costasse la vita intera”.

A Betania la terra scotta: quel mandato genera in loro un sacro timore, il panico di poter correre il rischio di perdere tutta quell’iradiddio di ricchezza, l’ansia d’andare a dire “È risorto Lui, io con Lui. La vita è risorta: sentila, toccala, gustala. Abbracciami!”. Qualcuno, magari, potrà dire: “Tutto qui?” Sì, è tutto qui: il cristianesimo è proprio tutto qui. Non è poesia, nemmeno un romanzo noir, tantomeno un thriller che accenda un fuoco di paglia: è un Dio che ritorna per affidare all’uomo – quello stesso uomo che l’ha tradito, lasciato solo, mandato a morte – il destino finale di quella storia che Lui, il Principe, è andato a riprendersi dopo il sequestro della morte. Si fida.

S’accende così, a Betania, la prima crociata dell’era cristiana, ch’è tutt’ora in corso di svolgimento. Un’operazione ancor più dura di quella condotta contro il feroce Saladino. Il nemico, al cospetto del quale i tiranni d’oltremare sono pecorelle allo sbaraglio, siamo noi: che ci siam stancati di credere a quel ritorno così imbarazzante d’essere cagione di ironie, sarcasmi e sfottò. Il mare s’è fatto furioso, le onde azzannano come fauci di leone impazzito, il vento spiattella furie contrarie. E noi, minuscoli illusi d’esserci fatti maiuscoli, a dire che tanto non cambia niente, serve a niente: “Conosco delle barche che si dimenticano di partire: hanno paura del mare a furia d’invecchiare” (J. Breil). Son uomini che si dimenticano dell’ultima promessa: “Ecco io mando su di voi quello che il Padre mio vi ha promesso”. Dategli il tempo d’arrivare, aprirà il rubinetto dello Spirito: più nessuna barca, se vorrà, invecchierà. (So)spinti alla navigazione dei cuori.

L’ultima mossa: allarga le braccia. È un raddoppio-di resistenza, non resa: “Alzate le mani, li benedisse” (cfr Lc 24,46-53). Mani-tetto: più nessuna casa verrà scoperchiata, nessun cuore rimarrà senza la festa. Benedire, a rovescio, è dire-bene: Dio dice bene, parla bene. Di loro/noi, uomini facili al maledire, al dire-male: di Lui – “Che delusione d’uomo, ci ha illusi!”-, del foresto. Che importa il passato, c’è un futuro da incendiare: a loro spetterà il compito di accendere i cuori. Lui ritorna lassù: da lassù riesce a tuffarsi meglio nel nostro quaggiù. Sale in alto per inchiodarci al basso: l’Infinito trova sempre casa laddove batte forte il cuore delle cose a noi più care. Laddove l’unico scarto tra credere e non credere è la consapevolezza che il destino ultimo non dipende solo da noi. Dio, in borghese, ha il domicilio qui in basso.

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