Andare in pensione 7 anni in anticipo è qualcosa di oggettivamente molto allettante e quasi “utopico”: eppure, in via del tutto sperimentale, l’iter presente nel nuovo emendamento al Dl Crescita potrebbe comportare tale misura attraverso in “maxi scivolo” pagato dalle grandi aziende. Si tratta dell’emendamento presentato dai relatori Giulio Centemero (Lega) e Raphael Raduzzi (M5s) ed è una novità di questi tempi vede in accordo i due partiti di Governo su un provvedimento, tra l’altro così particolare come quello emendato al Decreto Crescita e presentato nelle commissioni Bilancio e Finanze della Camera. La misura è prevista per il 2019 e il 2020 con una spesa di 30 mln quest’anno e 40 mln per i prossimi 12 mesi, con la previsione che le grandi imprese possano realizzare delle sorta di pre pensionamenti con scivoli di 7 anni.
DL CRESCITA: TRA PENSIONI E ORARI LAVORO, ECCO COSA CAMBIA
Il tutto con un valore commisurato alla pensione lorda maturata al momento dell’uscita: un meccanismo complesso, spiegato dall’Ansa su fonti Lega-M5s, che potrebbe prevedere anche di ridurre l’orario di lavoro agli altri dipendenti in cambio di assunzione per nuovi lavoratori. È scritto nell’emendamento sulla pensione in anticipo di 7 anni che «Nell’ambito dei processi di reindustrializzazione e riorganizzazione le imprese che avviano uno strutturale sviluppo tecnologico dell’attività potranno stipulare un contratto di espansione con il ministero del lavoro e le associazioni sindacali con la previsione di nuove assunzioni». Per tutti quei lavoratori cui mancano non più di 84 mesi dalla pensione (per l’appunto 7 anni, ndr) il datore di lavoro – per come potrebbe prevedere il Dl Crescita – «riconosce per tutto il periodo e fino al raggiungimento del diritto una indennità mensile liquidabile in unica soluzione commisurata al trattamento pensionistico lordo maturato dal lavoratore al momento della cessazione del rapporto di lavoro così come determinato dall’Inps».