RIFORMA PENSIONI, LE RISPOSTE CHE QUOTA 100 NON DÀ
Oggi i metalmeccanici incrociano le braccia per uno sciopero generale, le cui motivazioni vengono spiegate da Marco Bentivogli in un intervento su Democratica, il sito di informazione del Pd. Il Segretario generale della Fim-Cisl cita anche gli interventi del Governo in materia di riforma pensioni. “Le pensioni hanno perso indicizzazione. Le misure del Def – come ammette il governo stesso – hanno un effetto negativo sull’occupazione (-0,2%). L’aggravarsi della situazione economica e finanziaria del Paese, inoltre, sta mettendo in tensione lo stato sociale, scaricando i costi su lavoratori e pensionati che rappresentano l’85% del gettito fiscale”, scrive Bentivogli, secondo cui “spostare risorse dal lavoro all’assistenzialismo non farà che incrementare le disuguaglianze tra le persone e minare le condizioni necessarie per poter riformare il fisco a favore dei lavoratori dipendenti e dei pensionati. Bisogna smetterla di strizzare l’occhio ai furbetti che fanno rientrare indisturbati i propri capitali dall’estero e agli evasori fiscali, e riformare le pensioni con attenzione alla condizione femminile, ai lavoratori precoci e a chi fa un lavoro gravoso e usurante. Sono problemi che non trovano certo risposta da ‘quota cento’”.
PENSIONI, QUOTA 100: I SETTORI CON LE MAGGIORI ADESIONI
Quota 100, ovvero l’anticipo della pensione introdotto con l’ultima legge di Bilancio, piace in particolar modo a due settori, ovvero quello della scuola e quello degli istituti bancari. Lo rivela Il Sole 24 Ore che stila la lista delle categorie che più di altre hanno usufruito della quota 100 in tema di pensioni, scandendo anche gli ambiti dove si è registrata una maggiore adesione. Tra coloro i quali hanno fatto richiesta, il 36% è scritto alla gestione lavoratori dipendenti mentre il 32% fa parte della gestione pubblica. Nel dettaglio, gli artigiani rappresentano il 9% (sono 12.500), seguono i commercianti (12mila) e quindi i lavoratori iscritti a fondi speciali e i lavoratori di spettacolo e sport. Infine, sono pochissimi i richiedenti della quota 100 che appartengono alla gestione separata. Solo per il settore pubblico, in totale sono 46mila i richiedenti, appartenenti per gran parte al mondo della scuola (27mila), mentre i privati sono 51mila e tra questi si segnalano le uscite nel mondo delle banche, a partire da tre accordi siglati in Ubi Banca, Bnl Pnb Paribas e Intesa Sanpaolo. (Aggiornamento di Emanuela Longo)
RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI LANDINI
Domani si terrà uno sciopero generale dei metalmeccanici e Maurizio Landini evidenzia che avrà a che fare anche con le richieste sindacali in tema di riforma pensioni. “Lo sciopero dei metalmeccanici chiede nuove politiche industriali, più sicurezza, più occupazione, più salario. E sta dentro il quadro di mobilitazione deciso il 9 febbraio scorso con Cisl e Uil. La piattaforma è precisa: chiediamo un piano di investimenti pubblici nelle infrastrutture materiali e sociali, una riforma fiscale vera che riduca la tassazione sul lavoro e sui pensionati. Chiediamo tante altre cose ma finora il governo non ci ha ascoltato”, dice infatti in un’intervista al Corriere della Sera il Segretario generale della Cgil, secondo cui, a proposito di riforma fiscale, “il cuneo fiscale si taglia anche riducendo i contributi versati dai lavoratori, che però a quel punto avranno una pensione più bassa. L’unico modo per tagliare davvero le tasse ai lavoratori e far salire la busta paga, senza pericolosi effetti collaterali, è aumentare le detrazioni per i dipendenti”.
RIFORMA PENSIONI, INCENTIVI IN FRANCIA E ITALIA
La riforma pensioni in Francia sembra funzionare al contrario. Come spiega Repubblica, infatti, il Governo sta puntando a introdurre degli incentivi per “convincere” i cittadini a restare al lavoro oltre i 62 anni, che sarebbe l’età pensionabile. E a propositi di incentivi, in Italia è stata modificata, al momento come emendamento al decreto crescita, la flat tax al 7% prevista per quanto dall’estero si trasferiranno nei piccoli comuni del Sud Italia. Anzitutto ne potranno usufruire anche i pensionati che si sono trasferiti all’estero: basterà che tornino a risiedere in Italia in uno dei comuni in cui l’agevolazione è valida. Inoltre, il regime fiscale al 7% durerà nove anni e non più cinque come inizialmente previsto. Le proposte sono state avanzate dalla Lega e hanno ricevuto il voto favorevole delle commissioni Finanze e Bilancio della Camera. Bisognerà ovviamente attendere il completamento dell’iter del decreto crescita perché le modifiche entrino effettivamente in vigore.
QUATTORDICESIMA ANCHE AI PENSIONATI ALL’ESTERO
Mentre si discute ancora della riforma pensioni con Quota 100 e dei suoi effetti, tre parlamentari Pd eletti in Europa, la senatrice Laura Garavini e i deputati Angela Schirò e Massimo Ungaro, ricordano che a luglio anche i pensionati italiani residenti all’estero riceveranno la quattordicesima, il cui importo “varia da un minimo di 336 euro a un massimo di 665 euro. Una buona parte dei pensionati italiani residenti all’estero in possesso dei requisiti avrà diritto, per motivi legati alla loro limitata anzianità contributiva in Italia, ad un importo medio di 437 euro”. Secondo quanto riporta aise.it, i tre parlamentari ricordano che per avere la quattordicesima “i pensionati residenti all’estero devono soddisfare due requisiti fondamentali, uno legato all’età anagrafica e l’altro al reddito. Infatti la 14ma è erogata a favore dei pensionati ultrasessantaquattrenni in presenza di determinate condizioni reddituali personali. Nel caso in cui si rientri nei requisiti richiesti, la quattordicesima spetta ai pensionati, anche se residenti all’estero, in maniera automatica, senza che il beneficiario presenti richiesta all’Inps”.
NUOVO APPELLO PER LA NONA SALVAGUARDIA ESODATI
Il Sole 24 Ore ha stimato che delle risorse stanziate per la riforma pensioni con Quota 100 potrebbero avanzare fino a 5,5 miliardi di euro in tre anni. Cosa che porta Elide Alboni, del Comitato esodati licenziati e cessati a chiedersi come mai non si usino 350 milioni per varare la nona salvaguardia in favore dei 6.000 esodati non ancora salvaguardati. Sul tema, tra l’altro, il Comitato 6.000 esodati esclusi e il Comitato esodati contributori volontari hanno diffuso un appello a Giuseppe Conte, Luigi Di Maio e Claudio Durigon “affinché venga sollecitamente adottato un Nono e definitivo provvedimento che restituisca il diritto alla pensione, ed alla sopravvivenza, a questi ultimi 6.000 Esodati rimasti discriminati dall’ultimo provvedimento adottato”. Cosa che può avvenire, anche con un emendamento al decreto crescita, tramite una riapertura dei termini dell’ottava salvaguardia, “differendo al 31/12/2021 i requisiti necessari a maturare il diritto pensionistico con le norme ante L. 22 dicembre 2011, n. 214”, oppure con il varo di una nona salvaguardia.
I CHIARIMENTI INPS SU QUOTA 100 E NASPI
In una circolare diffusa ieri, l’Inps ha dato indicazioni circa la compatibilità tra Naspi e le novità della riforma pensioni come Quota 100. Viene quindi chiarito che chi pur avendo i requisiti non presenta domanda per Quota 100 ha diritto alla Naspi, la quale invece decade “dalla prima decorrenza utile successiva alla domanda di accesso al trattamento pensionistico”, nel caso si scelga di presentare domanda per Quota 100. La conclusione è simile anche per quanto riguarda Opzione donna. L’Inps spiega infatti che “è possibile fruire della Naspi fino alla prima decorrenza utile successiva alla presentazione della domanda di trattamento pensionistico”. Per quanto riguarda i lavoratori precoci, viene spiegato che “qualora i soggetti in questione, nelle more del completamento e della definizione dell’iter di riconoscimento delle condizioni per l’accesso al beneficio, risultino fruitori del trattamento di disoccupazione Naspi, la decadenza dalla suddetta prestazione opera dalla prima decorrenza utile del trattamento pensionistico anticipato”.
L’ALLARME DEL WEF
Se la riforma pensioni del Governo finisce nel mirino della Commissione europea per il peso che ha sui conti pubblici, le cose non sembrano andare meglio altrove. La Stampa parla infatti di uno studio del World Economic Forum, secondo cui “il sistema pensionistico a livello globale è una ‘bomba ad orologeria’ pronta ad esplodere e se non si trovano delle soluzioni in tempi brevi, visto che il deficit pensionistico in otto economie chiave a livello mondiale potrebbe diventare entro il 2050 ‘cinque volte più grande di tutta l’economia globale’, un gap impossibile da colmare”. “‘Molte persone sono troppo avverse al rischio nei loro investimenti pensionistici. Mentre un risparmio consistente è importante per costruire i fondi pensione, essere consapevoli dei rendimenti a lungo termine sui portafogli è cruciale per garantire che un individuo non sopravviva ai propri risparmi’, si legge in una nota della fondazione secondo cui ‘molti risparmiatori giovani e di mezza età dovrebbero cambiare la loro prospettiva di rischio, capendo che sopravvivere ai loro risparmi è un rischio molto più grande per loro rispetto al rischio di un investimento a breve termine’”.
RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI BOERI
In un articolo su Repubblica dedicato a mini-Bot, Tito Boeri cita anche la riforma pensioni con Quota 100. L’ex Presidente dell’Inps spiega infatti che il debito della Pubblica amministrazione verso le imprese, per saldare il quale vengono proposti i mini-Bot, viene “contabilizzato come debito pubblico solo quando viene saldato, come il debito implicito del sistema pensionistico, che emerge solo quando si pagano le pensioni. La cosiddetta ‘quota 100’, anche per soli tre anni, farà aumentare il nostro debito pubblico di più di quanto sarebbe necessario per risolvere il problema dei pagamenti della Pa alle imprese. Se invece di introdurre nuove disparità di trattamento a favore di persone che avranno pensioni molto più alte della media, si fosse optato per accelerare i pagamenti pubblici ai fornitori, avremmo varato una manovra espansiva in grado di migliorare il rapporto fra cittadini ed erario”.
BOERI: QUOTA 100 NON ANDAVA VARATA
Secondo Boeri, quindi, i mini-Bot sono “uno strumento del tutto inutile ad affrontare i ritardi nei pagamenti della Pa nei confronti delle imprese. Se il governo aveva davvero a cuore il problema, poteva accelerarne la soluzione senza far aumentare il debito pubblico. Bastava non varare ‘quota 100’ e non spaventare gli acquirenti dei nostri titoli di stato: oggi paghiamo circa duecento punti base di tassi di interesse sui nostri titoli di Stato in più rispetto alla Spagna, mentre nell’aprile 2018 i rendimenti di Btp e Bonos decennali erano allineati. Questa differenza vale da sola, a regime, 40 miliardi in più di spesa per interessi all’anno”.