Permettetemi di darvi conto del vantaggio di tutti che ho contratto in sogno con Nonno Rizieri, un tard’ottocentesco che abita il Novecento. Un individuo singolare, con nome plurale che si fa maiestatico. Monarchico per induzione, me lo trovo al capezzale abbigliato con la stola di ermellino, la corona in testa e un denaro in alto alla sua sinistra.
La “matta” insomma con in una mano il libriccino “Bureaucracy” (Ludwig Von Mises nomina il consumatore Re) del ‘44, che inaugurava la dinastia reale di quelli della spesa, e nell’altra il Times del marzo del ‘33 con su “The means of prosperity”, sottolineato alla riga 123, che a quella spesa attribuiva valore (Sir John Maynard Keynes dice: “La mia spesa è il vostro reddito!”).
Non ebbi il tempo di dire che si intromise: “Sì, con questi venimmo alla luce negli anni Ottanta dell’Ottocento; compagni di lignaggio: Von Mises da famiglia nobilitata e il 1° Barone Keynes di Tilton. Il primo fornisce l’identità che ci incorona; l’imperativo invece del Sir del Leicestershire, riconsegna a questa corona il potere assoluto”.
Regale, comanda: “Prendi questo foglio e annota ‘Se la nostra spesa diventa il reddito di cui tutti avete bisogno, si ha un obbligo: farla! Più siamo a farla, più se ne fa, più alto sarà il guadagno dei capitalisti per riprodurre il capitale, come quello di chi lavora, non solo per poter imbandire il desco! Bene, tra quel che i nostri han scritto, per quel che ne abbiamo dedotto e il tuo appezzato riflesso si può arrivare ad imperativo dire che l’offerta dipenderà ancor più dalla domanda, la produzione dal consumo, il Produttore dal consumatore!’. Conciossiachè, ti dò mandato di proferir per vece con taluni, acciocché tal’altri scrollino dalle radici quell’appassita credenza che altrimenti copre la vista. In altro ordinario mi prolungherò di più. In questo, per verità, non me ne sento la forza. Adunque lo faccia chi, ad usum Delphini deve, e farlo con fiero cipiglio! Con lealtà di Re e con affetto di nonno ti congedo. Rizieri”. Congedatomi, con incedere regale e un imbarazzante effluvio, lasciò il sogno.
Bene, se da repubblicano non dovrei, da nipote debbo, e con il cipiglio richiesto mi accingo a dover dar esito al “Paradigma del vantaggio comparato”: la crescita si fa con la spesa, non con la produzione, né con il lavoro. Così viene generato reddito, quel reddito che serve a fare nuova spesa. Tocca allocare quelle risorse di reddito per remunerare hi, con la spesa, crea lavoro e lo remunera, remunerando tutti. Pure quelli del capitale!
Non me ne vogliano gli epigoni ricardiani se, parafrasando questa teoria del loro diletto, vien fuori che il costo opportunità, così definito, definisce un incomparabile vantaggio per tutti gli agenti economici implicati nel ciclo.
Beh, non so quanto di mio ci sia nei pensieri del Regal’Avo o dei suoi nel sogno; sia come sia, glielo devo tal lapideo paradigma affinché si mondi, giust’appunto, quello negletto di prima.