La “mossa” di Nicola Zingaretti alla Direzione Pd è sembrata molto chiara ed evidente: il nemico è Salvini, non il Segretario del Pd, bisogna fare fronte comune contro il Governo che potrebbe anche cadere nei prossimi mesi e non “sbriciolarsi” come da “lunga tradizione” della Sinistra in Italia. Ecco, questo è più o meno quanto detto dal Governatore del Lazio poco fa nella incandescente Direzione nazionale del Partito Democratico andata in scena a Roma dopo il caso-Lotti, le nomine della Segreteria e la conseguente ira dei renziani alla kermesse di Assisi “Si fa avanti” dopo di fatto essere stati esclusi da ogni possibile ruolo nel partito. Zingaretti ha provato a lanciare un nuovo appello all’unità del Partito: «ricostruire un clima di fiducia evitando dibattiti astratti fra dirigenti. Non affossiamo i primi segnali di ripresa nel Pd, l’azione deve essere rivolta tutta all’esterno perché il vero avversario è la destra in ascesa. Non un appello ai buoni sentimenti, ma la costruzione di una linea politica di cui il segretario sente tutta la responsabilità», spiega nella relazione iniziale il Segretario dem. Nel merito dello scandalo Lotti-toghe Csm Zingaretti ha confermato la saletta positiva dell’ex Ministro di autosospendersi anche se non è indagato, ma lo scandalo – ha detto – «offre un quadro inquietante che necessita ora una iniziativa politica e di riforma. La politica ha il diritto di concorrere alla composizione del Csm, come previsto dalla Costituzione. Può avere un’interlocuzione, ma non interferire sul suo funzionamento».
RENZIANI SUL PIEDE DI GUERRA: “SUPERARE IDEA PARTITO UNICO”
Ma la vera resa dei conti, ovvero l’esclusione dei renziani dalla Segreteria del Pd, non è stata per nulla risolta dal Segretario: «Non c’è stata alcuna volontà di esclusione, che sarebbe stata in contraddizione con la ricerca della condivisione di cui ho parlato all’inizio. Abbiamo valutato collegialmente che non esistevano le condizioni politiche per un pieno coinvolgimento delle minoranze», rilancia ancora Zingaretti davanti all’evidente disaccordo con parte della platea che fa riferimento a Matteo Renzi, Anna Ascani e Roberto Giachetti. Primo a rispondergli è stato Lorenzo Guerini, tra le anime più “disponibili al dialogo” tra i renziani: «Nessuno ha chiesto nulla per la segreteria se non di lavorare in un contesto di unità e di collaborazione. Tu Zingaretti parlasti di segreteria unitaria. Non ci interessano gli organigrammi ma il nostro profilo». Calenda invoca un “time out” gestito da Gentiloni per organizzare un Governo ombra nel Pd se però si superano gli scontri interni e ci si concentra sui problemi del Paese e non del Partito, ma il più duro è certamente Richetti che attacca raggiunto da Ala News «Se un partito discute per una settimana delle polemiche su Lotti, di due che hanno ad un matrimonio e fanno una battuta, penso si tratti di un partito che non fa più politica. Dobbiamo riprendere un’azione politica e Calenda mi sembra uno dei pochi interessato alle questioni che riguardano il paese. Bisogna forse pensare di superare l’idea di un partito unico».