Tra “brevitas” e storia particolare dell’imperatore Galba, la versione di latino su Tacito in Maturità 2019 non ha convinto tutti: secondo Nicola Gardini, intervenuto sul Corriere della Sera, «Le difficoltà non mancano, specie nell’uso dei participi: bisogna capire che «audiente» e «interpretante», per quanto lontani, sono coordinati e formano un doppio ablativo assoluto; che «requirentibus» è sostantivato. Anche la sequenza «consalutatum … trepidum … impositum» può offrire difficoltà non tanto di comprensione quanto di resa: perché anche qui Tacito condensa (la solita brevitas!) più azioni in una sola unità sintattica». Secondo invece il commento lasciato al Sussidiario.net dal professore Guido Milanese, la difficoltà sulla traduzione della versione di latino non è tanto dal brano su Galba – «Il testo non è impraticabile ma come tutti i testi di Tacito è molto compatto, la difficoltà è questa. Se i ragazzi sono allenati a questo tipo di stile se la cavano senz’altro, altrimenti le difficoltà ci sono. Quelle lessicali tipo storico sono chiarite nelle note, il problema è la compattezza, la cosiddetta brevità dello stile di Tacito. Per quanto riguarda la traduzione, abbiamo una certa difficoltà nella frase, l’ultima, quella che comincia con ‘Ibi tre et vigint…’ che è essenziale per le domande successive, potrebbe dare qualche problema». Un esempio della simultaneità di Tacito, uno dei tratti della brevitas, viene indicato ancora da Gardini sul CorSera: «La frase che comincia con “Otho, causam digressus”, gli si domanda perché vada via e lui fornisce una scusa e quindi se ne va. Sono tre momenti distinti che Tacito fonde in una sola unità sintattica, mettendo “Otho” al primo posto e il verbo reggente alla fine, “pergit”, e inserendo in mezzo varie subordinate, che suggeriscono una vera e propria distanza interiore tra soggetto e azione, tra volontà e risoluzione, una sorta di insicurezza». (agg. di Niccolò Magnani)
Qui gli speciali Maturità 2019: temi svolti Prima Prova. Seconda Prova: problema Matematica-Fisica – Linguistico – Scienze Umane – Istituti Tecnici – Istituti Professionali. Focus: Plutarco – Galba. Versione: correzione e commento
LO STILE DI TACITO
Il ministro dell’Istruzione Bussetti ha scelto “il principe degli storici latini” per la seconda prova del liceo classico, la prima mista latino-greco. Viste le polemiche per la cancellazione del tema di storia dalla Maturità 2019, il Miur ha messo la storia un po’ ovunque, nei temi e nella versione di latino, con il brano di Tacito tratto dalle Historiae. Il testo narra l’assassinio di Servio Sulpicio Galba e l’acclamazione di Otone. Chi ha fatto il classico sa quanto sia complessa la prosa di Publio Cornelio Tacito, caratterizzata dalla inconcinnitas o variatio, cioè la predilezione per uno stile molto vario dal punto di vista sintattico, e per questo più difficile da tradurre. I periodi di Tacito sono complessi: sostantivi astratti e concreti, nomi comuni e propri, singolari e plurali si trovano all’interno della stessa frase, spiazzando gli studenti. Ma di Tacito è nota anche la brevitas: se Cicerone usava 10 parole per esprimere un concetto, Tacito ne utilizzava la metà. Condensato e spezzato, lo stile di Tacito è dunque difficile da tradurre. (agg. di Silvana Palazzo)
TACITO PER LA VERSIONE LATINO MATURITÀ 2019
Tacito per la traduzione della versione della seconda prova della Maturità 2019 al liceo classico. Il brano scelto per quanto riguarda il latino è tratto da Historiae, opera scritta intorno al 110 d.C. e in cui il senatore romano, storico e oratore, raccontava le guerre civili del 69 d.C., la morte degli imperatori Galba, Otone e Vitellio, l’assedio di Gerusalemme e la prima guerra giudaica. È stato scelto dunque quello che è considerato lo storico tra i più importanti dell’antichità. Della sua vita si sa poco, perché raramente ha parlato di sé ma anche per i pochi e confusi accenni delle fonti. Da alcuni cenni e dalle notizie fornite da Plinio il Giovane nelle undici lettere inviate allo storico, si sa che Tacito trascorse la sua giovinezza a Roma, studiò l’eloquenza sotto la guida di insigni maestri tra cui forse Quintiliano. Nel 78 d.C. sposò la figlia 13enne di Gneo Giulio Agricola e percorse la prima parte del cursus honorum durante l’impero dei Flavi, forse con l’appoggio del suocero. Convinto che dietro la morte di Agricola potesse esserci Domiziano e a causa della sua avversione per il suo governo dispotico, Tacitò si ritirò a vita privata, ma l’ascesa al trono di Nerva e Traiano lo riportò all’attività politica e forense.
TACITO, LA SUA SCRITTURA E LE HISTORIAE
La scrittura di Tacito (scelto già nel 2015) è intensa e originale. La sua prosa è concisa e allusiva. Prediligeva ellissi, metafore violente e varietas con mutamenti inaspettati della struttura e dell’ordine delle parole. Nel suo lessico si alternano termini arcaici e solenni con altri di origine popolare, ma ha introdotto anche nuove sfumature semantiche. Il ritmo della sua scrittura è rapido e spezzato: contrasta quindi con la euritmia calibrata e la perfezione formale del gusto ciceroniano. Ma dallo stile passiamo all’opera. Le Historiae (Storie) dovevano abbracciare le vicende dell’impero dall’avvento di Galba alla morte di Domiziano, ma restano solo i libri I-IV e parte del V. Distribuendo la materia secondo la tradizione annalistica, Tacito iniziò la sua narrazione dal 1° gennaio del 69, pochi giorni prima della morte di Galba. E infatti la versione proposta oggi nella seconda prova del liceo classico tratta la fine di Galba, di cui Tacito ha scritto nel primo libro. Qui, attraverso un discorso fatto pronunciare a Galba, Tacito ha chiarito la sua posizione ideologica e politica. Era convinto che solamente il principatus potesse assicurarsi la fedeltà dell’esercito, garantire la coesione dell’impero e la pace.
TACITO, LA VERSIONE “FINE DI GALBA”
Octavo decimo kalendas Februarias sacrificanti pro aede Apollinis Galbae haruspex Umbricius tristia exta et instantis insidias ac domesticum hostem praedicit, audiente Othone (nam proximus adstiterat) idque ut laetum e contrario et suis cogitationibus prosperum interpretante. Nec multo post libertus Onomastus nuntiat expectari eum ab architecto et redemptoribus, quae significatio coeuntium iam militum et paratae coniurationis convenerat. Otho, causam digressus requirentibus, cum emi sibi praedia vetustate suspecta eoque prius exploranda finxisset, innixus liberto per Tiberianam domum in Velabrum, inde ad miliarium aureum sub aedem Saturni pergit. Ibi tres et viginti speculatores consalutatum imperatorem ac paucitate salutantium trepidum et sellae festinanter impositum strictis mucronibus rapiunt; totidem ferme milites in itinere adgregantur, alii conscientia, plerique miraculo, pars clamore et gladiis, pars silentio, animum ex eventu sumpturi.
La traduzione de IlSussidiario.net
Il diciottesimo giorno prima delle calende di febbraio, a Galba che sacrificava davanti al tempio di Apollo l’aruspice Umbricio annuncia viscere infauste, insidie incombenti e un nemico interno, mentre Otone ascoltava – infatti si era messo molto vicino – e interpretava questo annuncio al contrario come favorevole e propizio ai suoi progetti. E non molto dopo il liberto Onomasto riferisce che Otone era atteso dall’architetto e dagli appaltatori, segnale convenuto del fatto che i soldati già si radunavano e la congiura era pronta. Otone, avendo finto, rivolto a chi chiedeva perché si allontanasse, che stavano comprando a suo nome campi sospetti per vecchiaia e perciò da controllare prima, appoggiandosi al liberto si dirige, passando per la Domus Tiberiana, al Velabro, e da lì al miliarium aureum presso il tempio di Saturno. Lì ventitré guardie del corpo, dopo che era stato proclamato imperatore, trepidante per lo scarso numero dei sostenitori e rapidamente posto sulla portantina, lo trascinano via a spade sguainate; quasi altrettanti soldati si uniscono per strada, alcuni per complicità, i più per meraviglia, in parte con grida e spade, in parte in silenzio, con l’idea di trarre coraggio dall’esito.
La traduzione di Maria Rosato per Il Sussidiario.net
L’ aruspice Umbricio informa Galba, mentre il 15 gennaio sacrifica davanti al tempio di Apollo, della presenza di tristi presagi, di insidie incombenti e di un nemico a lui molto vicino; intanto Otone ascolta questa conversazione e, al contrario, la interpreta come un augurio favorevole per i suoi disegni. Non molto tempo dopo il liberto Onomasto lo informa di essere atteso dall’architetto e dagli appaltatori: era questo il segnale che i soldati si stavano ormai radunando e che la congiura era decisa. A quanti gli chiedevano ragione del suo allontanamento, Otone mentì rispondendo di aver acquistato una vecchia proprietà poco sicura che doveva essere prima controllata; appoggiatosi al liberto si incamminò attraverso il palazzo di Tiberio in direzione del Velabro e, di lì, verso la bronzea colonna miliare sotto il tempio di Saturno. In quel luogo ventitré guardie del corpo, salutatolo come imperatore, preoccupato per l’esiguo numero di coloro che lo avevano riconosciuto tale, con le spade sguainate lo fanno frettolosamente salire sulla portantina; lungo la strada si aggiunge un numero di soldati quasi pari al precedente: alcuni di propria volontà e consci degli eventi, la maggior parte attratti dalla straordinarietà della situazione, alcuni con clamore e con le armi, altri in silenzio per prendere coraggio dallo svolgersi della situazione.