Il 14 gennaio 1900 è considerato come un punto di svolta nella musica italiana – il vero inizio della musica del XX secolo e soprattutto del dramma di musica di stile italiano. È la data del debutto di Tosca di Giacomo Puccini in quello che allora si chiamava il Teatro Costanzi, ora parte del Teatro dell’Opera di Roma. Fu un grandissimo trionfo ed ebbe implicazioni di lunga durata per il teatro in musica, non solo in Italia, ma anche altrove. Plasmò, ad esempio, il teatro d’opera negli Stati Uniti e influì su quello di numerosi Paesi europei.
Tosca non ha bisogno di presentazione. L’opera è uno dei cavalli di battaglia di Giacomo Puccini, nonché uno dei drammi di musica più rappresentati in tutto il mondo. La trama si sviluppa in un unico giorno ed in una data precisa (14 giugno 1800) intorno alle informazioni fuorvianti che raggiunsero Roma sull’esito della battaglia di Marengo durante la campagna napoleonica per conquistare l’Italia. A quel tempo, la comunicazione lasciava molto a desiderare; nel pomeriggio, giunse a Roma la notizia che Napoleone era stato sconfitto e vennero organizzate celebrazioni un po’ in fretta per ringraziare Dio e la coalizione anti-francese. Era quella che oggi è chiamata una fake news. Nella tarda notte, arrivano le informazioni corrette: la coalizione era stata battuta e Napoleone era in marcia verso Roma. Durante queste ore, il sadico capo della polizia romana Scarpia tenta di violentare la cantante Floria Tosca, che è innamorata del pittore liberale (e volterriano) Mario Cavaradossi. Tosca pugnala e uccide Scarpia, ma Cavaradossi viene fucilato da un plotone di esecuzione degli uomini di Scarpia. La protagonista disperata si getta nel Tevere.
Il recensore storico del Washington Post, Paul Hume, ha chiamato Tosca ‘un dramma di sangue e budella’. Commento ingiusto perché l’opera è piena di innovazioni musicali che hanno segnato la storia della musica e ancora affascinano il pubblico: un arazzo sinfonico con i temi chiave in buca, declamazione melodiosa che sfocia in arie e ariosi, un ottimo equilibrio tra orchestra e palcoscenico, ritmo veloce teso dell’azione.
Nelle messe in scena di questi anni, gli eventi sono spesso spostati a tempi recenti, soprattutto a quelli del fascismo (ad esempio, negli allestimenti di Jonathan Miller, Peter Sellars, Robert Carsen e Pierluigi Pizzi). Nel 2015, il Teatro dell’Opera ha presentato una produzione filologica: Tosca , quale allestita il 14 gennaio 1900. Ha avuto un grande successo ed è entrata in repertorio: ogni anno, viene rappresentata quindici-venti volte fuori abbonamento. Ho visto la rappresentazione del 21 giugno.
Sulla base dei bozzetti e di alcune foto del gennaio 1900, i laboratori del teatro hanno ricostruito fedelmente le scene ed i costumi di Adolf Hohenstein, basati su quadri francesi della fine del XIX secolo: sono una gioia per gli occhi. È comprensibile che l’allora Regina d’Italia sia rimasta affascinata dal costume indossato dalla protagonista nel primo atto ed ha chiesto che un abbigliamento simile venisse preparato su misura per lei.
In Italia nel 1900, non esisteva una regia operistica come la si intende oggi. Il regista Alessandro Talevi segue con scrupolo le indicazioni sceniche scritte da Puccini e dai due autori del libretto (Giuseppe Giacosa e Luigi Illica). Sono non più che appunti. Talevi ha aggiunto una drammaturgia efficace e molta enfasi sulla recitazione.
Nel 2015, ho scritto che il tenore Stefano La Colla era un vero coup de théâtre. Allora, avrebbe dovuto cantare in solo due delle quindici rappresentazioni in programma, quasi un premio di consolazione per un sostituto. Alla ‘prima’, ha dovuto sostituire il titolare ed ha avuto un grande successo. Il 21 giugno scorso ha interpretato Mario Cavaradossi molto bene. Nel primo atto, il pubblico lo ha applaudito con calore quando ha cantato Recondite Armonie , una difficile aria di apertura basata interamente sul registro di centro. Al terzo atto, quando La Colla ha cantato E Lucevan Le Stelle il teatro è esploso in ovazioni e richieste di bis. Il romeno Sebastian Catana è un veterano del ruolo di Scarpia. Nel ruolo del titolo, il soprano drammatico russo Svetlana Kasyan, una Tosca con grande esperienza. Ha una voce ben impostata ed un buon volume ma il 21 giugno la sua dizione lasciava un po’ a desiderare. Tuttavia, ha avuto un lungo applauso dopo Vissi d’Arte nel secondo atto. Il coro (e quello di voci bianche), diretto da Roberto Gabbiani è stato, come sempre, di alto livello.
Nelle recensioni di Tosca, spesso l’attenzione è principalmente, se non esclusivamente, sulle voci. Tosca è invece un capolavoro di orchestrazione. L’orchestra del Teatro dell’Opera conosce a fondo la partitura. Il 21 giugno, il direttore era Jordi Bernàcer. È un giovane direttore spagnolo, da qualche anno nuovo direttore stabile del teatro dell’opera di San Francisco. In Italia, lavora spesso al Teatro San Carlo di Napoli e all’Arena di Verona. È stata la prima volta che lo ho ascoltato dirigere. Per me è stata una grande scoperta. Ha sviluppato un’eccellente empatia con l’orchestra. Insieme, hanno sottolineato la complessità, la bellezza e la modernità di una partitura sofisticata. Inoltre, Bernàcer ha dato gli attacchi ai cantanti con grande cura.
Grande meritato successo.