Il taccheggio in Italia sembra essere molto in voga. E mentre la vicenda di Marco Carta e del presunto furto di magliette resta ancora tutta da chiarire, da uno studio basato su 11 Paesi europei e realizzato in collaborazione con la Cattolica di Milano è emerso che proprio questo reato comporta un danno economico di circa 3,3 miliardi di euro l’anno solo nel nostro Paese. Secondo quanto emerso dall’importante ricerca dal titolo “Retail security in Europe. Going beyond Shrinkage”, il taccheggio rappresenta la causa più frequente di perdite molto più rispetto ai furti con scasso, rapine e appropriazioni di fornitori o dipendenti. Questo dato tra l’altro fornisce anche un quadro su come gira l’economia. Pare infatti che tra le cose sottratte a spuntarla sia soprattutto merce alimentare, seguita dall’abbigliamento proprio con maglieria e t-shirt (ancora una volta il caso Carta torna d’attualità). Nei primi cinque posti si collocano le bevande alcoliche, seguite da formaggi, carne, dolci e pesce in scatola. Nel settore dell’abbigliamento, finiscono nel mirino dei taccheggiatori soprattutto accessori, maglieria, pantaloni e camicette. I telefoni cellulari la spuntano ovviamente nel settore tecnologico.
TACCHEGGIO IN ITALIA: I DATI
Per l’indagine è stato impiegato come metro di paragone le differenze inventariali dei magazzini. Per definire con precisione questo dato, gli esperti hanno effettuato una “survey” tra venditori al dettaglio e grandi magazzini di 9 Paesi per un totale di 23mila punti vendita per comprendere cosa abbia provocato la “dispersione” della merce di fatto costa il 2,1% del fatturato. Secondo lo studio, il taccheggio in Italia sembra godere di ottima salute. Come evidenziato in generale, il settore alimentare è quello che registra la maggiore percentuale di perdita: nel 2017 era pari al 2,4%, in aumento rispetto ai due anni precedenti. Negli ultimi tre anni, abbigliamento ed altri settori hanno registrato valori simili e costanti. A far registrare valori di differenze inventariali più elevati sono i punti vendita delle province di Genova, Milano, Imperia, Bologna e Napoli. In merito ai metodi impiegati, i più diffusi restano la rottura delle etichette o delle placche antitaccheggio o l’uso di borse schermate. Ad agire sono soprattutto le micro bande composte da 3-4 persone spesso specializzate ed attrezzate. Tra le spese dei retailer italiani, anche quelle per i sistemi di sicurezza pari a circa lo 0,5% del fatturato.