Stefano Iudica, l’autista aggredito a Roma perché il bus non partiva e l’aria condizionata non funzionava, ha raccontato la terribile aggressione subita a La Vita in Diretta. Il dipendente della Tpl-Scarl ha spiegato che quel pomeriggio ha notato un problema al cambio al capolinea di Saxa Rubra. Ha provato a mettere la marcia per sette minuti, ma poi ha dovuto spegnere tutto e resecare la centralina elettronica. In questi casi bisogna dare il tempo al computer di bordo di ripartire, ma un uomo è andato su di giri e la gente a bordo ha cominciato a dargli manforte. Quando se l’è trovato davanti è stato preso a pugni, poi a calci in faccia e sulla schiena. Nessuno però lo ha soccorso: solo un suo collega ha bloccato l’aggressore in attesa dei carabinieri. Gli altri dicevano che però non gli aveva fatto nulla, ma lui lo ha denunciato. La situazione però è diventata insostenibile per gli autisti dei bus, spesso vittima delle frustrazioni. Finito in ospedale, ha riportato contusioni e un trauma cranico.
STEFANO IUDICA, AUTISTA BUS PICCHIATO A ROMA
«Ho cominciato a percepire il nervosismo dei passeggeri. Un ragazzo sulla trentina mi diceva di non scendere, che non avevo nulla da riparare e di pensare a guidare», ha cominciato a raccontare Stefano Iudica. Il tempo passa e il malumore dei passeggeri cresce. «Adesso si va anche a fare le passeggiate», dice qualcuno. «Ma che vuole vedere», aggiungono. Quel ragazzo di prima lo sollecita, poi mentre l’autista prova a riavviare il sistema gli dà un pugno e lo spinge, cominciando a picchiarlo. «Fisicamente nessuno è intervenuto. Ho avuto un po’ di paura, speravo che qualcuno lo fermasse. Per fortuna non ha inferito, se continuava poteva andare peggio». Stefano Iudica è anche fortunato dunque per come è andata, visto che le conseguenze per lui potevano essere peggiori. Erano dieci anni che guidava, ma non le era capitato niente di simile. «C’è più pericolo di giorno, perché la gente è molto stressata e ha sempre paura di non arrivare mai in tempo. Io ora ho paura, ma ho l’obbligo di tornare a lavorare ed è l’unica fonte di sostentamento che ho».