Dopo l’arresto di Vito Nicastri, avvenuto lo scorso 12 giugno, lo stesso aveva iniziato a parlare con i magistrati palermitani degli affari con l’ex consulente della Lega Paolo Arata. Dopo le sue dichiarazioni, nella notte è scattato un blitz della Dia di Trapani che ha portato all’arresto di Giacomo Causarano e di Antonello Barbieri, il primo ex funzionario dell’assessorato della Regione Sicilia all’Energia, il secondo imprenditore milanese. Secondo quanto riferito da TgCom24, Causarano deve rispondere dell’accusa di corruzione mentre Barbieri anche di intestazione fittizia di beni e auto riciclaggio. Dalle indagini è emerso un giro di mazzette alla Regione Sicilia. Nel dettaglio, Arata e Nicastri avrebbero pagato tangenti a vari funzionari in cambio di agevolazioni nell’ambito dei loro affari legati alle energie rinnovabili. Nei mesi scorsi, la medesima inchiesta aveva portato agli arresti dei figli di Arata e Nicastri e di un altro funzionario della Regione, Alberto Tinnirello. Ancora una volta, dunque, la procura di Palermo e la Dia di Trapani si sono trovate a collaborare svelando un intricato intreccio tra politica e affari.
CASO ARATA, LE ACCUSE A CARICO DEI DUE ARRESTATI
Grazie alla collaborazione dell’imprenditore dell’eolico Vito Nicastri con i magistrati, sarebbero scattate oggi le manette per altre due persone tra cui un burocrate regionale. A Giacomo Causarano viene contestata l’accusa di corruzione in quanto, secondo la procura di Palermo avrebbe aggiustato ed orientato a suo piacimento alcune pratiche che stavano particolarmente a cuore alla coppia Arata-Nicastri in cambio della promessa di una mazzetta da 500 mila euro da dividere con Tinnirello, dallo scorso 12 giugno ai domiciliari. Secondo quanto dichiarato da Nicastri, 100 mila euro sarebbero già stati corrisposti mentre il resto sarebbe arrivato dopo la firma per il via libera degli impianti di biometano in due località, nel siracusano e nel trapanese. In merito a quanto contestato all’imprenditore milanese Barbieri, invece, quest’ultimo dovrà difendersi dall’accusa di intestazione fittizia, auto riciclaggio e corruzione, ovvero le stesse che hanno portato all’arresto in carcere di Arata e Nicastri.