Manipolazione o semplice disperato tentativo dei figli ad attaccarsi all’unico legame che ancora hanno? Dopo la contestata apparizione in televisione dei figli di Antonio Logli, l’uomo accusato (e condannato in due gradi) di aver ucciso la moglie, Roberta Ragusa, le polemiche sono state turbolenti. Soprattutto il figlio più grande Daniele, riferendosi alla madre, l’ha chiamata per nome, “Roberta, nostra madre”, e non mamma e basta. Un linguaggio asettico, freddo, tanto che il conduttore di Quarto Grado, Gian Luigi Nuzzi, perplesso, gli ha chiesto il perché. Ha risposto, senza mostrare alcun disagio, che lo ha fatto perché sono ormai molti anni che non la vede più. Per la criminologa Roberta Bruzzone, Antonio Logli, oltre a essere un bugiardo, è anche “un manipolatore: Le parole di suo figlio in tv? Non ho dubbi che siano genuine, ma si è convinto di qualcosa che non sta né in cielo, né in terra. Io ritengo che sia stato manipolato”. Aggiungendo: “Se chiedi a un manipolato se si sente manipolato, nella maggior parte dei casi, dice di no”. Ne abbiamo parlato con Andrea Biavardi, direttore della rivista “Giallo” (che ha appena pubblicato il libro “Sangue del tuo sangue” – Editore Cairo – volume che analizza il valore della prova scientifica senza la prova logica, e anche chi conduce le indagini veramente, il conflitto che spesso si apre tra forze dell’ordine e magistratura).
Per i figli di Antonio Logli e Roberta Ragusa, siamo davanti a un caso di manipolazione secondo lei?
Siamo stati i primi a parlare di manipolazione nel caso dei figli di Logli. Non più tardi di tre settimane fa abbiamo pubblicato intercettazioni telefoniche, tutto materiale giudiziario agli atti, in particolare i colloqui tra la figlia allora di 11 anni e l’amante del padre, Sara Calzolaio, ex baby sitter dei due ragazzini, da cui traspare non esserci alcun rapporto idilliaco fra le due. La figlia dice, leggo le parole testuali: “Papà è una marionetta nelle tue mani”. In un altro passaggio, l’intercettazione di un violento litigio tra le due, la donna le dice “datti fuoco”, frase che può essere interpretata in mille modi, la bambina le risponde datti fuoco te.
Dunque appare difficile credere a quello che il padre ha detto in tv, che i figli vivono in armonia con la donna, è così?
Questa rappresentazione è lontana dalla realtà, qualunque ragazzino che perde la madre e si ritrova da un giorno all’altro l’amante del padre in casa ha reazioni come quelle sentite.
Eppure il figlio in televisione ha difeso apertamente il padre.
Comprendo che i figli di un padre che è già stato condannato a 20 anni e la cui madre è scomparsa quasi sicuramente uccisa, si aggrappino all’ultimo residuo familiare, ma direi che sono loro stessi vittime della situazione.
Parlare di manipolazione, però, è una cosa diversa, o no?
Bisogna intendersi sul termine manipolazione. Il signor Logli poi, colpisce per la difesa che ha assunto.
In che senso?
In sede giudiziaria si è sempre avvalso della facoltà di non rispondere, salvo esternare in televisione. Ricordo la stessa cosa la fece la moglie di Bossetti. Se tu ti avvali di non rispondere io non so cosa fai a casa, non so cosa dici ai figli, non so la manipolazione come avviene.
Evidentemente si attaccano, dopo la scomparsa della madre, all’unica cosa che è rimasta loro, il padre?
Questo è comprensibile, trovo inutile da parte del padre dare i figli in pasto alla televisione. Finiscono per accreditare una tesi difensiva che sotto il profilo giudiziario ha scarsissimo valore, ma sotto il profilo mediatico può avere effetto.
Fra poco ci sarà la sentenza definitiva della Cassazione, che previsioni fa?
Quando vai in Cassazione una volta, difficilmente la Cassazione cambia giudizio. E nel caso in questione, dopo che la procura e la parte civile avevano chiesto l’archiviamento del caso, la Cassazione si è già espressa riaprendo invece il caso. Il che vuol dire che hanno una idea precisa di cosa è successo.
Manca però il corpo, si può condannare in queste condizioni?
E’ già successo, ci sono dei precedenti, Ricordiamo il caso di Guerrina Piscagli, il cui corpo non è mai stato trovato, ma si è condannato a 25 anni in via definitiva il sacerdote congolese padre Gratien Alabi.