Non poteva esimersi Radio Rtl dal prendere le difese dei rapper, d’altro canto se non ci fossero i loro dischi non ci sarebbe neanche la radio. Così Pierluigi Diaco negli scorsi giorni è balzato sul cavallo in corsa durante il programma Non Stop News telefonando al noto sacerdote don Antonio Mazzi e chiedendogli “come si permette un prete di giudicare il talento altrui, i gusti dei giovani e a insultarli?”. Immediata la risposta confezionata dal sacerdote star della televisione che, dimostrando di non conoscere di chi si parla, dice che “quel prete non conosce i giovani, non siamo fatti per giudicare ma per amare al massimo perdonare, chi giudica non è un prete”. Noi abbiamo invece voluto andare a vedere chi è questo prete, don Pietro Cesena, diventato famoso per l’omelia di domenica scorsa in chiesa dove ha detto che “i vostri figli ascoltano la musica di questi stronzi, presunti rapper, che a ragazzini di 12 anni, che si affacciano alla vita con tutti gli ormoni in circolo, dicono che tanto la vita finisce in niente”. Aggiungendo poi intervistato dal Resto del Carlino che “l’ho già detto in omelia e lo ribadisco: se ne incontro uno lo picchio, poi mi picchia lui, ma io mi ci butto dentro perché non è possibile che i nostri ragazzi ascoltino da questi stronzi che ciò che vale è solo la carriera, i soldi, il sesso, la droga”. Un prete esagitato? Un violento? Don Pietro Cesena è tutt’altro e la sua storia lo dimostra. Parroco del quartiere periferico di Piacenza di Borgotrebbia, nella chiesa dei Santi Angeli Custodi, è il fondatore di Le Querce di Mamre case e appartamenti da lui fatti ristrutturare e dati a ragazze madri. Il suo oratorio, ci ha detto in questa intervista, “è considerato un centro sociale perché qui vengono ragazzi di tutte le parti, anche da fuori Piacenza, è l’unico luogo di ospitalità e di ritrovo per molti chilometri. Ecco perché ho detto quel che ho detto, perché al contrario di quanto dice don Mazzi i giovani li conosco, e bene, sono sempre in mezzo a loro”. Si schernisce e si scusa per le parole usate in chiesa, certamente, ma don Pietro è un uomo con gli attributi e in questa epoca dove le figure educative che propongono valori positivi sono ormai scomparse, avercene di sacerdoti come lui. Il quartiere di Borgotrebbia, ci dice, ha una storia affascinante, costruito da un ex ufficiale dell’esercito italiano negli anni 20 e 30, diventato imprenditore, con case date agli operai a prezzo di affitto bassissimo, un esempio di sussidiarietà concreta: “Negli anni è diventato un quartiere all’avanguardia delle rivendicazioni sociali, qui il 78% della gente votava Partito comunista. Quando quella realtà è sparita, sono sparite anche le persone, ognuno rinchiuso in casa sua a farsi i propri affari. E’ finito ogni senso di comunità”. La nostra parrocchia, ci dice ancora, “è un punto di riferimento sul territorio, ci viene gente anche da fuori Piacenza”.
RAPPER E SATANISTI
Don Pietro non è mai stato con le mani in mano, è questo il motivo per cui, dice “con l’amministrazione comunale c’è una relazione privilegiata perché la parrocchia è come un centro sociale e hanno capito il valore di quello che facciamo. Lavoriamo per il bene comune”. In questo senso ci racconta un episodio significativo: “C’era una chiesa a un chilometro da qui che era stata oltraggiata e abbandonata, devastata e profanata dai satanisti che la usavano come il loro centro per messe nere e quant’altro. L’abbiamo liberata, riaperta e nei fabbricati annessi alla chiesa abbiamo fatto questo appartamenti per le ragazze madri. Riaprire la chiesa degli Appestati, così si chiama, ha ridato vitalità a una parte bellissima di Piacenza”. Per esprimersi così nella sua omelia don Pietro deve conoscere bene la musica rap: “Per forza, sono i ragazzi con cui sto tutto il giorno. Mi dispiace per quello che ha detto don Mazzi, ma lo chiamano tutti i giorni per dare giudizi su ogni cosa, anche quelle che non conosce. Qui cominciamo a fare catechismo a 4 anni e le persone le seguiamo per tutta la vita, non le abbandoniamo. Sono amministratore della Pieve di Verdeto a 30 chilometri da qui che usiamo come luogo di formazione per i giovani. Adesso ci sono 26 ragazzi delle medie che seguono dei corsi scientifici tenuti da ingegneri che li aiutino a usare il cervello. Perché è questo il problema della musica rap, un lavaggio del cervello che porta i ragazzi a credere a sesso, droga e soldi facili”. Ma la minaccia di picchiare i rapper? Non significa mettersi sul loro stesso piano? “E’ chiaro che mi riferivo in modo metaforico a chi in questa epoca scrive canzoni che fanno male ai ragazzi. Non puoi dire il mercato vuole questo e io scrivo questi testi, fai solo del male”. E’ la grande menzogna di oggi, far credere che si possa avere quello che si vuole subito e senza fatica: “Quelle frasi nell’omelia sono nate infatti dal fatto che raccontavo la vacanza fatta in montagna con i ragazzi di seconda media. Abbiamo deciso di fare una ferrata e molti di loro non volevano perché avevano paura o dicevano di non avere le forze. Invece tutti insieme, aiutando i più deboli, siamo arrivati in cima. E’ come dice quella canzone degli scout, la fatica con lo zaino sulle spalle aiuta a crescere”. Ci racconta di un ragazzino che ha scritto alla madre: “Qui è bellissimo, ci si alza presto alla mattina, si fanno i lavori, è come essere a militare”. Militari sì, ma per una buona battaglia, quella della vita.
(Paolo Vites)