E così, alla fine, alla presidente della Commissione Onu sui diritti umani (ed ex presidente del Cile) Michelle Bachelet son bastati due giorni a Caracas per scoprire il disastro di Maduro, cosa che lei stessa aveva rotondamente negato (come d’altronde tanti altri seguaci delle favole sul populismo), ma che ora è costretta ad accusare, perché i termini di tutto questo girone infernale venezuelano cominciano ad avere contorni in grado di competere, purtroppo, con i regimi dittatoriali che sconvolsero gran parte dell’America Latina negli anni Settanta .
In primo luogo, il dossier di Bachelet fa il punto sulla situazione di crisi sanitaria, attacchi contro la stampa e continue violazioni dei diritti umani. “In questi anni – si legge nel rapporto – il Governo [di Maduro] ha imposto una egemonia sui media imponendo le sue versioni dei fatti e creando un ambiente che soffoca la stampa indipendente, chiudendo decine di giornali e di canali televisivi, aumentando l’incarcerazione di giornalisti, inclusi quelli stranieri, che sono stati costretti a lasciare il Paese”.
Il documento, poi, rivela vari casi di detenzione di persone che hanno espresso liberamente le proprie opinioni: 55 quest’anno e 24 nel 2018.
“Nel corso di almeno una decade il Governo, così come le Istituzioni da esso controllate, hanno accelerato l’erosione dello Stato di diritto e la distruzione delle istituzioni democratiche, inclusa anche l’Assemblea nazionale. Misure tese a reprimere e criminalizzare, neutralizzandole, restringendo costantemente lo spazio democratico”.
“L’opposizione politica, i suoi attivisti e i giornalisti sono obiettivo di discorsi che li dipingono come traditori o agenti destabilizzatori da parte di media governativi. Specie attraverso un programma intitolato “ Colpendo con una mazza”, presentato dal presidente dell’Assemblea nazionale costituente, Diosdado Cabello (braccio destro di Maduro, ndr)”.
“Successivamente – continua il documento – leggi e riforme legislative hanno facilitato la criminalizzazione di ogni persona critica nei riguardi del Governo attraverso disposizioni fasulle, aumento delle pene, uso della giustizia militare contro civili, restrizioni alle organizzazioni internazionali per difendere vittime di violazioni dei diritti umani”, E via di questo passo, citando l’apparato di sicurezza nei suoi vari organi, che però è destinato soprattutto a eseguire ordini extra-giudiziali contro la dissidenza, senza avviare indagini imparziali e violando continuamente i diritti umani, con attacchi a donne e dirigenti sindacali, arresti arbitrari dove spesso si ricorre alla tortura, comprese le violenze sessuali.
Ma, a questo punto, il documento diventa agghiacciante nei suoi dati: a parte i 768 arresti registrati solo nel 2018, accusa che “La proporzione degli omicidi extra-giudiziali commessi dalle forze di sicurezza, in particolare dalle Faes (forze speciali) è stata molto elevata: solo nel 2018 il regime (finalmente viene chiamato con il proprio nome, ndr) di Maduro ha registrato 5.287 morti, mentre dall’inizio dell’anno fino a maggio altre 1.569 persone si sono aggiunte al conto”.
Insomma, si arriva al numero di 6.856 morti, cifra nella quale il populista Maduro batte sonoramente non solo il dittatore cileno Pinochet, ma si avvicina anche alla Giunta militare argentina, arrivò a 8.961 vittime (le 30mila sono un numero “fabbricato” ad arte negli anni Settanta per poter giudicare il massacro come genocidio, ormai non ci sono più dubbi) .
Proprio considerando questa cifra, il mio pensiero va alle Madri e Nonne di Plaza de Mayo, che sotto il kirchnerismo che le ha completamente e politicamente dogmatizzate, non solo hanno difeso un torturatore, come si scoprì essere negli anni Settanta, il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito argentino, generale Cesar Milani (voluto da Cristina Kirchner), ma anche acclamato Maduro, con tutto il kirchnerismo, come il grande politico oppresso dagli interessi e dai colpi di stato inventati dell’imperialismo internazionale.
Purtroppo queste frottole o credenze hanno rivelato che ormai la sinistra oggi non esiste più, si è trasformata in una serie di dogmi che non possono essere nemmeno minimamente criticati, anche se cozzano in maniera drammatica contro una realtà che poi, alla fine, come si vede, viene tristemente a galla.
Il fatto è che in Argentina, tanto per fare un esempio, questa forma di populismo, più figlio del fascismo puro che di altro, rischia di tornare al potere e già proclama la fine delle libertà di espressione e di una giustizia che li sta condannando alle carceri per delitti di corruzione che si sono portati via il benessere del Paese per 13 anni.
Pure se in Europa il cavallo del populismo ha fallito, quello di una sinistra che ormai non ha nulla di progressista (a parte i proclami) continua purtroppo a interpretare il mondo come se fosse rimasto ancorato agli anni Settanta. Scavandosi la fossa e aiutando grandemente non solo i poteri mafiosi, ma pure le politiche separatiste che vogliono distruggere una Ue che non si rende conto di come sia in Venezuela che in tutta la faccenda del traffico di schiavi dal Nordafrica, che parte da una Libia ormai in piena guerra civile, ne va non solo della sua esistenza, ma anche della sopravvivenza di una democrazia ormai interpretata solo come prevalenza di interessi economici sui suoi princìpi di libertà civile. -ora pure l’Onu sa che Maduro è un dittatore: non si può più far finta di nulla. Ne va del nostro futuro.
A ogni modo la novità emersa in queste ultime ore della volontà del Presidente ad Interim Guaidó di aprire un dialogo con Maduro e soprattutto la proposta, fatta un’ennesima volta, di elezioni libere (precedute dalle dimissioni del dittatore), potrebbero costituire l’effetto della denuncia dell’Onu sulle condizioni del Paese, fatto che restringe all’inverosimile per Maduro gli spazi di manovra per poter uscire da una situazione che, personalmente, si sta facendo pericolosissima per il rischio di essere giudicato internazionalmente per i crimini commessi da lui e dal suo regime dittatoriale.