Donne, se il potere è più forte dei vostri ideali

Ieri le “femen”, oggi Greta e la comandante Carola. Donne notevoli, ma ahimé che si fanno impigliare negli ingranaggi di un potere che tutto usa e tutto stravolge

In principio furono le tette-poster delle femen. Da ultimo la canotta (e i rasta) della capitana. Nel mezzo mettiamoci pure quel faccino un po’ così dell’eco-adolescente. Il femminile come sorpresa motosilurante in uno scontro epocale di poteri e interessi che tutto usa e tutto stravolge, compresa ovviamente l’altra metà del cielo e la presumibile buona fede delle protagoniste.

Le giovani femministe di Kiev debuttarono nel 2008 con lo scopo dichiarato di difendere la donna dalla prostituzione e dal giogo maschilista-patriarcale. Di fatto le loro incursioni sganciavano dosi massicce di nuovi diritti soggettivi e relativismo nichilista come bombe contro l’edificio dei valori riconosciuti e delle appartenenze culturali e religiose di quella nazione (e in seguito di altre, senza eccezione per il Vaticano e il Papa), per destabilizzarne gli assetti.

Lo scontro reale, tuttora non risolto, era tra Usa e Russia e riguardava (ma che ne capivano le femen?) la collocazione politico-strategica dell’Ucraina. I piani Usa prevedevano l’annessione dell’Ucraina al campo geo-politico ed economico euro-atlantico, all’insegna della piena affermazione del mercato globale e del nuovo ordine mondiale unipolare, conseguente alla dissoluzione dell’Unione sovietica. In altre parti del mondo le dinastie politico-economiche americane e occidentali s’industriavano a scassare gli assetti precedenti esportando democrazie, e scatenando guerre, ma sempre in nome dei diritti umani e dei valori cosmopoliti.

Imagine there’s no countries… and no religion too… Imagine all the people  living for today… John Lennon avrà senz’altro sognato in buona fede, e con l’aiutino di Yoko Ono, un mondo finalmente in pace per aver abolito nazioni e religioni, dove tutti vivono solo per l’oggi, in pace. Avrà creduto senz’altro di ispirarsi, come da lui stesso dichiarato, al Manifesto per il comunismo di Marx del 1848. In realtà, ha tradotto in una bellissima canzone le antiche idee massonico-illuministe di pace perpetua. Riprese poi, come proprio look ideologico, non da un movimento rivoluzionario, ma dal potere capitalistico trionfante a cavallo dei millenni secondo e terzo, e dalle élites progressiste (sinistre comprese) incantate dalle magnifiche sorti e progressive delle dinastie americane da Clinton a Obama.

Ma l’ideologia è una foglia di fico e prima o poi… Quella politica ha fatto devasti, aggravati dalla crisi del 2008: destabilizzazione di vaste aree, incapacità di comprendere e affrontare fenomeni planetari come le migrazioni, crescita di nuove povertà e di intere classi di “scarti”.

La reazione cosiddetta sovranista e populista è stata quella di contrapporsi specularmente, contestando i suoi dogmi, cioè la libera circolazione in ogni caso e “senza confini” (“there is no countries”) di uomini, merci, capitali e informazioni, con sottrazione di quote di sovranità alle istituzioni nazionali (“più mercato, meno Stato”) . Le parole sovranismo e populismo si sono sposate perché la reazione all’ideologia delle élites progressiste è scaturita (anche) dal disagio e dalla paura delle masse dei perdenti, i milioni di nuovi poveri e dei senza tutela, i quali si affidano, per ora, a chi fa mostra di difendere almeno… i confini, sui quali premono i “nemici”. Ora, comunque si giudichi la politica del governo italiano verso i migranti, nessuno può (ancora) mettere in discussione i diritti di sovranità di una nazione, di cui i confini sono simbolo emblematico e fattore essenziale. Nessuno. Tranne… gli U-Boot. Meglio se a guida femminile. La capitana Carola ha aperto la strada, e adesso c’è la fila a Lampedusa. Carola sarà certamente convinta di agire solo per salvare vite umane e di adempiere un superiore dovere morale.  Ma ha anche la presunzione – che solo il femminile può esibire senza provocare solo reazioni ostili di antipatia – di possedere in forza di ciò, un diritto cosmopolita e mondialista, superiore alle sovranità altrui: il moralismo è proprio una brutta bestia.

Detto questo, va ribadito che la politica dei muri non porta da nessuna parte. Anzi, è pura assenza di politica. La ieratica equidistanza (più che altro distanza) dei brontosauri europei fa venire il cimurro. E allora?

Bisogna credere – ancora, e sempre più – ai ponti. I quali, attenzione, si costruiscono fra un io e un tu, fra alterità che si riconoscono nel rispetto ciascuno della propria identità e libertà, non in una omologazione che abolisce i confini per farla da padrone, come è nell’ormai vecchio ma tutt’altro che defunto progetto delle élites ora sconfitte dai nuovi barbari, i Trump e affini, con cui si scontrano per il potere mondiale.

La canotta di Carola ha messo su uno spot a favore non dei poveri migranti, ma di quelle élites. E i suoi rasta sono finiti impigliati negli ingranaggi di uno scontro che con le vite umane c’entra come i cavoli a merenda.

Rincresce. Per la capitana Carola, per l’eco-adolescente Greta, per le femen. Donne notevoli e audaci. Attenzione, però, che il potere è più forte dei vostri ideali e della vostra stessa femminilità. Ahimé, rincresce che la donna finisca quasi sempre per essere “la bionda nel sacco”. Quella del Carosello almeno promuoveva una grappa. Queste la destabilizzazione.

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