Le abilitazioni in Romania non sono riconosciute in Italia. Lo ha affermato il Miur, la cui posizione è stata confermata dal Tar del Lazio rigettando le richieste di annullamento dell’avviso del 2 aprile 2019 e dei decreti di rigetto individuali ricevuti dal Miur. Ora gli Uffici Scolastici stanno dando seguito a questo avviso, quindi quei docenti abilitati in Romania vengono depennati dal concorso indetto con DDG n.85 del primo febbraio 2018. Il Miur sostiene che la qualifica del Ministero rumeno dopo corso di formazione “Adeverinta” non è sufficiente al fine dell’esercizio della professione di insegnante. Inoltre, i titoli “Programului de studii psihopedagogice, Nivelul I e Nivelul II” conseguiti in Romania «non soddisfano i requisiti giuridici per il riconoscimento della qualifica professionale di docente». Per quanto riguarda invece le richieste di riconoscimento specifiche per il sostegno, «tale insegnamento rientra in Romania nell’ambito dell’educazione speciale in apposite scuole speciali e non nelle classi comuni come avviene in Italia. Non vi è pertanto corrispondenza».
ABILITATI IN ROMANIA: TAR DÀ RAGIONE A MIUR
L’avvocato Maurizio Danza, professore di Diritto del Lavoro all’Università Mercatorum di Roma, ha commentato la prima sentenza breve emanata dal Tar del Lazio parlando di «contraddittorietà delle decisioni». Ne ha parlato a OrizzonteScuola, spiegando che «è sorprendente come la tesi del c.d. doppio titolo conseguito in Romania adoperata dal Tar-Lazio a fondamento del rigetto delle richieste, non sia mai stata adottata neanche dal Miur che con ben 5 decreti in possesso della difesa, ha invece riconosciuto l’abilitazione conseguita in Romania a cittadini italiani in possesso di Laurea conseguita in Italia». Il legale ha sollevato anche un altro aspetto: ritiene che sia evidente il fatto che «il MIUR continui a disattendere sia i principi comunitari in tema di riconoscimento delle qualifiche professionali, che dell’accesso parziale disciplinato dall’art.4 septies della Direttiva 2013 /55/CE recepito dal combinato disposto dell’art. 1 bis e 5 septies del D.lgs.n.206/2007». E quindi auspica che il Collegio muti il suo orientamento in vista dell’esame della questione cautelare fissata al 16 luglio 2019.