Ieri la Borsa italiana è stata la peggiore d’Europa con un calo del 2% e lo spread è salito. La ragione di questo nervosismo è facilmente rintracciabile nelle preoccupazioni dei mercati per una crisi di governo. Le notizie che si sono susseguite da giovedì e per tutta la giornata di ieri in realtà non sembravano incorporare questo scenario. O gli investitori si sono fatti prendere dal panico inutilmente oppure il rischio che il Governo saltasse non è mai stato così alto come nelle ultime ore. C’è una questione di aumento del rischio e poi c’è una seconda questione di quanto sia alto o meno questo rischio. Per spiegare la reazione di ieri basterebbe ipotizzare che un rischio assolutamente remoto sia diventato apprezzabile e sia uscito dal novero di quelli completamente improbabili.
È comunque interessante perché i “mercati”, di solito informati, devono aver registrato frizioni che non sono apparse del tutto in superficie. Il Governo attuale non ha mai rotto con l’Europa, consegnerà un bilancio con il deficit più basso degli ultimi dieci anni e ha nelle posizioni chiave ministri sostanzialmente “tecnici”; oltretutto c’è un ampio insieme di forze politiche italiane che ha votato per la nuova Presidente della Commissione europea. Qualsiasi cosa si pensi di questo Governo, delle sue politiche economiche o dei suoi rapporti con l’Europa la sostanza è che non c’è stata nessuna vera rottura sui temi che contano.
Se non fosse così, se questo Governo avesse comportato dei rischi imminenti di rottura non avremmo assistito alla riduzione dello spread che si è vista nelle ultime settimane. Non importa se sia merito del Governo o del fatto che sia semi-commissariato e che le cose importanti vengano gestite da sopra o da Bruxelles, quello che conta è che attualmente e per le prossime settimane la situazione politica italiana sia “sotto controllo” e, soprattutto, prevedibile.
Qualsiasi evoluzione che rompa questo equilibrio è una cattiva notizia per i mercati. Aprire una fase di incertezza rispetto a questo scenario di partenza rende possibili scenari che prima non erano possibili. E non importa se queste possibilità siano tanto o poco reali. Quello che importa è che lo siano molto di più di prima. Lo scenario politico europeo, dopo le due nomine chiave delle ultime settimane, è delineato; al suo interno la situazione italiana è ben definita dentro una rete che oggi tiene molto bene e la sua evoluzione è fin troppo prevedibile. Siccome però i tempi sono interessanti qualsiasi fibrillazione, anche minima, sui mercati viene amplificata.
Il dato di ieri è che per la prima volta da maggio 2018 c’è stata una fibrillazione vera e che questa fibrillazione è stata registrata da un mercato che per tante ragioni oggi è molto sensibile. Quanto siamo andati vicino alla rottura della coalizione di Governo? E quanto è più fragile la coalizione rispetto a una settimana fa? Evidentemente qualcosa è cambiato. E l’incertezza non fa mai bene alle borse, tanto meno nella fase attuale.