Nello scorso articolo, descrivendo i grossi problemi di Deutsche Bank, avevo commentato la nomina della Von der Leyen a Presidente della Commissione affermando che i tedeschi rischiano di aver preso i posti più importanti nel momento peggiore per l’Unione europea. In effetti, c’è il problema della Von der Leyen da gestire sul piano interno. Infatti, la tedesca è stata ministro in Germania per diverse volte con la Merkel presidente; l’ultima come ministro della Difesa; è stato in seguito a quella attività che è stata definita da Schulz il “peggiore ministro” della Germania. E per questo motivo ora appoggiarla potrebbe diventare un problema.
Ma non c’è solo la signora Ursula come tedesco in un posto importante in Europa. Alla potente Banca europea per gli investimenti c’è Werner Hoyer, alla Corte dei Conti Europea c’è Klaus-Heiner Lehne, al Meccanismo europeo di stabilità c’è Klaus Regling. E pure tre segretari generali su quattro sono tedeschi. Tra questi, quello del Parlamento europeo è occupato da Klaus Welle, uomo della Merkel che guida ottomila funzionari dell’apparato burocratico più grosso. In questo contesto, la nomina della francese Lagarde a capo della Bce (lei che non è un’economista) ha il sapore del contentino. E che a capo della Bce ci sia una che non ha la laurea in Economia la dice lunga su quanto quella carica sia ormai politicizzata.
E per far capire l’aria che ora tira, Ursula von der Leyen ha detto che guarderà con molta attenzione al debito italiano. Ovviamente il fatto che la nostra bilancia dei pagamenti, secondo gli ultimi dati, continua a migliorare (sono leggermente aumentate le importazioni, ma le esportazioni sono cresciute di più) non conta nulla. E pure non conta la situazione drammatica della Deutsche Bank, che per tentare di sopravvivere procederà al taglio di 19.000 dipendenti e alla vendita della divisione speculativa. Una vendita che rischia di essere di una scatola vuota e quindi di fallire. Infatti, i clienti speculatori, temendo che il loro capitale sia a rischio (vale o dovrebbe valere la regola del bail-in, quella per cui a pagare sono i depositanti) stanno già operando una silenziosa corsa agli sportelli e stanno spostando elettronicamente i loro capitali in altre banche. Sembra che la fuga di capitali stia procedendo al ritmo di un miliardo al giorno.
Ma questo per i burocrati europei non è un problema; le regole sono uguali per tutti, ma per le banche tedesche sono “diversamente” uguali. Loro possono sempre fare qualcosina di diverso, come già accaduto in passato, quando il Governo procedette a copiosi interventi finanziari per salvare il proprio sistema bancario, mentre nel caso Mps e delle quattro banche poi quasi fallite l’intervento venne proibito, salvo poi scoprire che la proibizione era sbagliata e che l’intervento, secondo le norme europee, era lecito. Nel caso Mps il comportamento della Bce è stato scandaloso: chiese una ricapitalizzazione di 5 miliardi, ma dopo una settimana improvvisamente la richiesta cambiò e chiese una ricapitalizzazione di ben 8 miliardi.
Come ha osservato il senatore Bagnai, nel caso delle banche amiche (tedesche) le regole si interpretano. E nel caso di Deutsche Bank, si cambiano pure. Infatti, il piano di ristrutturazione non sarebbe potuto partire senza un aumento di capitale, secondo le regole imposte agli altri. Ma in questo caso la Bce ha abbassato il target CET1 dello 0,5% per i prossimi tre anni e quindi l’aumento di capitale non è stato più necessario. Il fatto è devastante, perché un tale volubilità della Bce sulle regole, imposte però rigidamente e ottusamente agli altri, non farà che squalificare la stessa istituzione che guida la politica monetaria.
Al di la dei numeretti e delle regole astruse (e astrusamente applicate) chi si fiderà più della Bce? Come la prenderanno gli investitori? Il governo della Bce dell’era Draghi sta finendo nel peggiore dei modi. Quello dell’era Lagarde rischia di iniziare di male in peggio, in mezzo a un mare di problemi irrisolti.