“Per anni ha governato la Germania, ora sovraintende ai gruppi energetici russi e sferza gli Usa”. Il polemico titolo è comparso appena un paio d’anni fa sul Washington Post, in capo a un lungo articolo sull’ex cancelliere tedesco Gerhard Schröder. A corredo del testo è tuttora visibile una foto pubblicata infinite volte da quando fu scattata a San Pietroburgo nel 2014: l’abbraccio di Schröder (unico vip occidentale invitato) con il presidente russo Vladimir Putin, a una festa di compleanno.
Da 14 anni – da quando ha lasciato la cancelleria ad Angela Merkel – l’ex leader Spd è al soldo di Mosca come ambasciatore internazionale del gas russo: fiore all’occhiello del gigante statale Gazprom, che lo ha posto a capo del consorzio Nord Stream, per la costruzione di un gasdotto baltico fra la Russia e la Germania. Schröder “passò dall’altra parte” appena poche settimane dopo aver concluso sette anni di mandato a Berlino. In Germania fu subito polemica rovente: Schröder querelò un giornale che lo accreditava di un compenso annuo fino a un milione di euro, ma nessuno ha mai saputo esattamente quanto l’ex cancelliere abbia incassato (e continui a incassare). Nel 2005, era invece già noto il valore stimato del progetto Nord Stream 1, messo in cantiere fra Gazprom e grandi gruppi tedeschi con la benedizione di Schröder in cancelleria: 6 miliardi di euro i tratti terrestri, oltre 8 quelli offshore (ai lavori ha partecipato anche l’Eni con Saipem e Snamprogetti).
Il “tubo” è stato inaugurato nel 2011 dalla Merkel, dall’allora presidente russo Medvedev e dal primo ministro francese Fillon (con Sarkozy all’Eliseo). Oggi funziona a pieno regime e da anni è stato sviluppato il piano di raddoppio: che tuttavia si è ritrovato impigliato nelle sanzioni decise dagli Usa – e sottoscritte dall’Ue – contro la Russia dopo la crisi ucraina. È anche per questo che – nelle sue prime dichiarazioni da neo-presidente della Commissione Ue – Ursula von der Leyen (tedesca ed ex ministra Cdu del governo Merkel di grande coalizione) ha ribadito la preoccupazione che Nord Stream 2 aumenti la dipendenza energetica dell’Europa dalla Russia. Ma von der Leyen ha fatto parte del governo Merkel 3 di cui è stato vicecancelliere per la Spd Sigmar Gabriel: dal 2013 al 2017 ministro degli Esteri e ministro dell’Energia. Fino all’ultimo sostenitore convinto di Nord Stream 2 e gran frequentatore del Cremlino.
Non risulta che in Germania nessuno (tanto meno la magistratura) abbia mai chiesto a Schröder di rendere trasparentemente conto in Parlamento del suo ruolo in Nord Stream: soprattutto quando era in carica come cancelliere. Né a Gabriel di quando s’incontrava ufficialmente con Putin e proclamava la rilevanza geopolitica di Nord Stream 2. Nessuna polemica neppure quando, un mese fa, gli stessi media tedeschi sono tornati a interrogarsi sulla giovinezza della Merkel nell’allora Germania Est (e per alcuni osservatori vi potrebbero essere connessioni fra il difficile periodo personale attraversato dalla cancelliera e i sospetti crescenti di torbidi alimentati dai servizi di sicurezza tedeschi: non da ultimo dopo la diffusione del video che ha silurato il vicepremier sovranista austriaco Strache).
Nell’ultimo fine settimana, d’altronde, proprio Merkel ha sollecitato l’Italia a “chiarire i suoi rapporti con la Russia” dopo le controversie legate al “caso Savoini”. E ieri il neo-presidente del Parlamento europeo David Sassoli – secondo alcuni “premier di riserva” per un possibile governo Pd-M5s in Italia – le ha fatto eco in un’intervista pubblicata con grande evidenza da La Stampa. Anche se non risulta che S&D – il raggruppamento che a Strasburgo associa Pd e Spd – si sia mai preoccupato del fatto che un suo leader storico sia a libro paga di Mosca da almeno 14 anni. Dopo che peraltro tanti partiti storici della sinistra europea lo sono stati: soprattutto nel ventesimo secolo. Ma nessun parlamento se n’è mai occupato. E neppure la Procura di Milano di Francesco Saverio Borrelli durante Mani Pulite.