Il ricorso dei diplomati magistrale contro la sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato è stato ritenuto inammissibile dalla Cassazione. I giudici della Suprema Corte ritengono che non sussista l’abuso di potere giurisdizionale da parte dell’Adunanza Plenaria. La sentenza però non si riferisce al giudizio di merito in sé, quindi non è stato espresso un parere sulla legittimità dell’inserimento dei diplomati magistrali in GaE, bensì sulla legittimità dell’intervento dei giudizi di Palazzo Spada. Quindi, la Cassazione non ha stabilito che le conclusioni dell’Adunanza Plenaria siano corrette e condivisibili, ma ha ritenuto che il verdetto, essendo frutto di una mera interpretazione delle norme giuridiche, non determina un abuso del potere giurisdizionale. Il ricorso era stato presentato perché era stato rilevato un eccesso di potere giurisdizionale da parte del Consiglio di Stato. Per i diplomati magistrali in GaE resta, dunque, solo la speranza della Corte di Giustizia Europea, ultima spiaggia per vedersi riconoscere l’inserimento nelle graduatorie ad inserimento.
DIPLOMATI MAGISTRALI IN GAE, ANIEF PROMETTE BATTAGLIA
Anief, unico sindacato che si è schierato al fianco di questa particolare categoria di docenti abilitati, da sempre chiede la riapertura delle Graduatorie ad Esaurimento per sanare quelle che ritiene illegittimità contro tanti docenti abilitati ma esclusi dall’accesso al “doppio canale” di reclutamento. Il sindacato non si dà per vinto e infatti prosegue la sua battaglia: sta valutando una class action per questi insegnanti. Secondo quanto riportato da Orizzonte Scuola, inoltre potrebbe procedere presso i competenti tribunali del lavoro impugnando ogni singolo licenziamento che dovesse insorgere nei confronti dei docenti immessi in ruolo “con riserva” che hanno superato l’anno di prova. Nel frattempo attende entro il 2020 l’esito del reclamo collettivo già presentato al Consiglio d’Europa, intanto chiederà ai giudici amministrativi di sollevare il caso dei diplomati magistrale di fronte alla Corte di Giustizia Europea, come avvenne nel 2014 con la sentenza Mascolo che condannò l’Italia per abusiva reiterazione dei contratti a termine.