Ieri la migliore borsa d’Europa è stata quella tedesca con un rialzo che non è all’apparenza spiegabile da novità “economiche” visto che i dati sulla manifattura teutonica continuano a essere deboli. Nella stessa giornata l’euro si è avvicinato ai minimi contro il dollaro. Dato che domani si riunisce il board della Bce è chiaro quale sia l’orizzonte di questi fenomeni. Ieri un editoriale del Financial Times esortava Mario Draghi a spingere sull’acceleratore dell’espansione monetaria. L’incipit del pezzo è tutto un programma: Draghi è “largamente atteso ad allentare la politica monetaria prima della sua partenza”. L’unica incertezza è quando e quali strumenti adotterà, ma “dovrebbe agire subito e dovrebbe usare tutti gli strumenti a sua disposizione. Qualsiasi cosa di meno rischia di costringere l’economia dell’eurozona a un altro periodo di bassa crescita e inflazione”. Più chiaro di così dal quotidiano della city c’è davvero poco.
Nel contesto attuale l’ultima cosa che vorrebbero i mercati è un incidente di percorso di una banca centrale quando Cina e Stati Uniti sembrano volersi giocare la partita della vita e l’Unione europea è alle prese con nuove trattative sull’uscita dalla Gran Bretagna e attraversata da una serie di fratture abbastanza evidenti. Di certo la Germania non vuole entrare in una possibile fase di confronto con l’America sui dazi e in una fase di rallentamento globale con l’euro ai massimi. A questo punto dovrebbe essere noto a tutti infatti che Trump non vuole un dollaro forte. Non è chiaro quanto sia ferma la volontà di riequilibrare i rapporti commerciali con la Cina, ma come minimo il tentativo andrà avanti.
Quello che si è visto ieri può essere una scommessa su quello che accadrà o un tentativo di mettere sotto pressione la Bce giocando sulle aspettative dei mercati. Se lo sapessimo con certezza saremmo milionari. Possiamo dire che all’industria tedesca l’euro basso fa molto comodo, soprattutto se Angela Merkel continua a rifiutarsi di voler agire sulla leva della spesa pubblica come dichiarato settimana scorsa. A questo punto l’euro basso diventa una priorità.
Segnaliamo poi quanto scritto da Elizabeth Warren lunedì sulla stato precario dell’economia americana e sulla sua ricetta per rimetterla in sesto. Elizabeth Warren è tra i favoriti per ricevere la nomination democratica per la corsa presidenziale del 2020. Passiamo in rassegna velocemente proposte che vanno dall’innalzamento del salario minimo, alla cancellazione dei debiti per studio, all’istruzione gratuita, per finire con duemila miliardi di dollari da investire in “economia verde” e una risposta concordata con gli alleati per rispondere alle “tattiche commerciali cinesi”. Manca un milione di posti di lavoro e l’eliminazione della povertà e potremmo chiudere il cerchio. In ogni caso, considerando che il deficit e il debito americano corrono da molti anni, c’è abbastanza materiale per immaginare una Fed sotto pressione con tutto quello che ciò significa per il dollaro.
Non abbiamo idea se ci sarà un incidente di percorso, se queste politiche monetarie servono per preparare il terreno iniettando ancora liquidità sulle borse, oppure se banalmente di fronte alle criticità attuali non ci si possono permettere passi falsi e le banche centrali devono continuare a stampare. Quello che sappiamo con certezza è che in questo scenario il dibattito in Italia e tra Italia ed Europa sul deficit al 2% è veramente surreale. In un mondo che stampa a tutto spiano l’unico Paese che dovrebbe fare austerity saremmo noi con il nostro surplus primario fuori scala e i depositi bancari che continuano incredibilmente a crescere. Non è un dibattito, ovviamente, fatto in buona fede.