Sanità, il risparmio sulla pelle della gente

Il rinnovo del contratto dei medici non risolverà i problemi creati da scelte politiche sbagliate su un settore importante come la sanità

Il rinnovo del contratto dei medici e dei dirigenti del servizio sanitario nazionale, firmato questa settimana dopo un’attesa di 10 anni, per quanto benvenuto, purtroppo non servirà a risolvere i problemi del sistema che si sta affacciando allo “stress-test” di un mese difficile come agosto.

Quello italiano è considerato uno dei migliori sevizi di salute pubblica al mondo, all’avanguardia, orientato alla prevenzione e soprattutto accessibile a tutti, al punto da essere ritenuto in parte responsabile della longevità record appena rilevata dall’Istat. Un servizio che però sta soffrendo gravemente del male di questa epoca: l’applicazione di soluzioni semplicistiche e schematiche a problemi complessi, figlia di una mancanza di visione a lungo termine, ma soprattutto di un clima generale di sfiducia nel “fattore umano”.



Su quest’ultimo punto, la sfiducia nel fattore umano, è evidente: il progresso imporrebbe che si puntasse sulla preparazione, sulla competenza, oltre che sulla capacità di trovare soluzioni nuove, creative ai problemi, visto che l’eccellenza ha bisogno di “teste“ che continuamente la cerchino. Eppure, l’investimento in capitale umano sembra l’ultima delle preoccupazioni della classe dirigente, ormai da decenni, tanto che molti giovani medici emigrano.



Un esempio emblematico dei danni causati da una soluzione schematica applicata ai problemi complessi della sanità è quello della spending review, dove si è preferito procedere con tagli lineari. Così facendo, non si è solo accumunato ingiustamente chi spreca e chi usa bene le risorse, ma si è ottenuto anche un risultato paradossale: una maggiore spesa e soprattutto una minore tutela della salute delle persone.

Il rapporto “Osservasalute” del 2018 parla di 36.824 decessi solo nel 2016, dovuti a infezioni non connesse alle patologie con cui si entra in ospedale: più vittime degli incidenti stradali. Tra il 2003 e il 2016 nel nostro Paese, il tasso di mortalità per sepsi è pressoché raddoppiato. Durante il ricovero in ospedale, l’8-10 per cento dei pazienti contrae un’infezione, che spesso si manifesta come polmonite.



Un primo motivo delle infezioni è paradossalmente dovuto proprio al crescere e allo specializzarsi delle cure. Il diffondersi delle infezioni deriva, secondo il citato osservatorio, dalla progressiva introduzione di nuove tecnologie sanitarie e dall’effetto dei farmaci che, se da una parte sono utili a garantire la sopravvivenza dei pazienti, selezionano batteri sempre più resistenti agli antibiotici disponibili, incrementando fortemente il rischio di infezioni letali.

Tuttavia l’Oms rileva come le infezioni ospedaliere siano strettamente collegate anche alla qualità delle pulizie, evidenziando la necessità di un continuo progresso tecnologico nelle tecniche di disinfezione. Emerge dunque un chiaro conflitto tra l’incentivo a ridurre le spese per i servizi di igiene da parte delle direzioni ospedaliere legato alla necessità di contenere la spesa pubblica.

La scelta del centro acquisti della pubblica amministrazione (Consip) di fare gare al massimo ribasso ha portato a una generale riduzione della spesa per le pulizie negli ospedali che ha contribuito ad aumentare le infezioni dei degenti al loro interno. Il paradosso è che le infezioni connesse all’assistenza sanitaria hanno un costo elevato anche economico per la struttura sanitaria: quindi alla fine, facendo gare al massimo ribasso nelle pulizie, si spende di più!

Un’equipe di ricercatori della Fondazione per la Sussidiarietà, dell’Università di Bergamo e del Crisp-Università di Milano Bicocca ha calcolato che una minore spesa per i servizi d’igiene di 1,9 milioni di euro genera una maggiore spesa sanitaria per i costi dovuti alle infezioni stimata tra 3,6 e 4,2 milioni circa.

Si spera che nuove e più approfondite ricerche nel prossimo futuro mostrino alla comunità scientifica, ai dirigenti ospedalieri, all’opinione pubblica e alla classe dirigente come la mancanza di cultura politica non ha solo effetti sull’incapacità di governare la Pubblica amministrazione, ma può avere effetti letali per i cittadini. Una classe politica impreparata è un vizio che non possiamo più permetterci.

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