IL CHIARIMENTO SUL MAXI-SCIVOLO
Si sta parlando molto della novità in campo di riforma pensioni introdotta dal contratto di espansione approvato insieme al decreto crescita. Il Sole 24 Ore chiarisce però che non si tratta di un semplice scivolo che consente il prepensionamento fino a 5 anni di anticipo per le aziende con più di mille dipendenti. “Infatti, consente di raccogliere in un unico strumento politiche attive, politiche passive e ove possibile politiche di prepensionamento. Tutte e tre le cose devono stare insieme e non è consentito alle imprese di accedere a questo strumento che non preveda un progetto complessivo. In altri termini il contratto di espansione è un ‘patto’ personalizzato che sottoscrivono Stato, aziende e sindacati per affrontare le sfide del cambiamento basato sullo sviluppo tecnologico”. Un chiarimento importante, perché “il presupposto per accedere al nuovo contratto è l’impegno vincolante per l’impresa di assumere lavoratori e di riqualificare quelli in forza in possesso di qualifiche non più proficuamente utilizzabili nel nuovo corso tecnologico”.
QUOTA 100, L’IMPORTO DEGLI ASSEGNI
Si è parlato molto del numero delle domande presentate per accedere a Quota 100, l’ultima novità principale di riforma pensioni, ma truenumbers.it è andato a indagare sugli importi degli assegni che avranno coloro che hanno presentato le poco più di 154.000 domande risultanti alla fine di giugno. “La cifra media è di 1.965,65 euro lordi che diventano 2.177,07 nel caso degli ex dipendenti pubblici, e 1.863,11 in quello degli ex dipendenti privati”. I “più fortunati sono gli statali valdostani, con ben 3.140,4 euro di pensione! A livello complessivo (considerando sia pubblici che privati) invece con 2.371,33 in testa stanno quelli del DCM (Direzione di Coordinamento Metropolitano di Milano, che rappresenta la Provincia Metropolitana di Milano trattata a parte dal resto della Lombardia, come avviene con Roma nel Lazio e Napoli in Campania). Segue il DCM di Roma con 2.252,10. Questi due sono anche gli unici casi in cui gli importi delle pensioni private superano quelle delle pensioni pubbliche”. “In fondo, con 1.649,53 euro, vi sono gli importi delle future pensioni lucane ottenute grazie a quota 100”.
LE PREVISIONI SULLA SPESA PENSIONISTICA
Le parole di Antonio Patuelli, numero uno dell’Abi, riguardo la necessità di una manovra che non vari misure come la riforma pensioni con Quota 100, ma guardi anzitutto al taglio del cuneo fiscale, vengono accolte con favore da Andrea D’Angelo, vicepresidente di Unimpresa, che in una nota ricorda come la pressione fiscale sia destinata a salire nei prossimi anni. “Complessivamente, tra il 2020 e il 2022 ci sarà una stangata tributaria dal 65 miliardi di euro: rispetto al 2019, nei prossimi tre anni il totale delle entrate nelle casse dello Stato passerà da 827 miliardi a 893 miliardi con un incremento che sfiora l’8%. Le imposte indirette – tra le quali l’Iva è la principale – cresceranno di quasi 42 miliardi con un’impennata del 16%. Più gettito per coprire gli sprechi della spesa pubblica che sfonderà il muro dei 900 miliardi di euro nel 2022: a incidere in maniera significativa sull’incremento delle uscite a carico del bilancio statale saranno le pensioni (in crescita di quasi 28 miliardi rispetto al 2019), gli interessi da pagare sulle emissioni di Bot e Btp (in aumento di quasi 10 miliardi) e gli investimenti pubblici (in salita di oltre 9 miliardi)”.
RIFORMA PENSIONI, LA PAROLE DI GHISELLI
In un’intervista a pensionipertutti.it, Roberto Ghiselli chiarisce che in tema di riforma pensioni la proposta generale della Cgil “resta l’uscita flessibile a 62 anni o con 41 anni di contributi a prescindere dall’età, tenendo conto nella determinazione dell’importo e delle uscite delle diverse situazioni che meritano una particolare attenzione come i lavori più pesanti o gravosi, il lavoro di cura, la particolare situazione delle donne sul mercato del lavoro”. Sulla cosiddetta pensione di garanzia, il Segretario confederale della Cgil chiarisce che “per noi deve essere rivolta a chi, avendo contribuzioni deboli per diverse ragioni, non riesce al termine della propria vita lavorativa a maturare una pensione dignitosa. Anche in questo caso pensiamo che l’età di uscita dovrebbe essere flessibile a scelta del lavoratore a partire dai 62 anni e, a solo titolo esemplificativo, l’importo della pensione potrebbe essere pari a circa 1080 euro con 66 anni di età e 42 anni di contributi”. L’importo varierebbe in base all’età di pensionamento e ai contributi versati.
GLI EFFETTI DI QUOTA 100 SULLA SCUOLA
Si è parlato molto degli effetti della riforma pensioni con Quota 100 sulla Pa e sulla scuola in particolare. Sembra che uno degli effetti che i sindacati giudicano più negativi sia il fatto che per sopperire ai buchi negli organici che si avranno, si farà ampio ricorso alle supplenze. Il Quotidiano Nazionale riporta infatti le parole di Pino Turi, Segretario della Uil Scuola, secondo cui “le supplenze saranno tante, più degli anni passati per effetto dei pensionamenti di quota 100. Credo che se ne possano prevedere tra le 10mila e le 15mila in più rispetto agli anni precedenti”. L’Anief sottolinea invece che “si liberano ancora 20mila cattedre e unità di personale amministrativo, tecnico e ausiliario: peccato che andranno in supplenza e non alle immissioni in ruolo”. Il Presidente Marcello Pacifico si chiede quindi “per quale motivo il governo non ha stanziato un solo euro per programmare nella scorsa legge di bilancio la trasformazione di quota parte dell’organico di fatto in organico di diritto?”.
DURIGON E LE PAROLE SUGLI ESODATI
Claudio Durigon, nella sua intervista sui temi di riforma pensioni a pensionipertutti.it, ha toccato anche il tema degli esodati rimasti esclusi dalle otto salvaguardie. Le coordinatrici dei Comitati “6.000 Esodati Esclusi” e “Esodati Contributori Volontari”, Gabriella Stojan ed Elisabetta Rombolà hanno espresso preoccupazione per le parole del sottosegretario al Lavoro e in un comunicato fanno sapere di apprezzare l’idea di un intervento nella prossima manovra per risolvere il problema, “ma precisiamo che, dopo una così lunga ed estenuante attesa (parte di noi dovrebbe essere già in pensione da gennaio 2018 quindi ha già perso quasi 2 anni di pensione e vive di stenti) gli Esodati non sono disposti a accettare nulla di meno di quelli che sono i loro diritti e tale provvedimento deve rispecchiare le richieste fatte dai nostri Comitati, altrimenti proseguiremo a oltranza con la mobilitazione fino all’ottenimento del nostro diritto alla pensione che deve avvenire riaprendo i termini della Ottava Salvaguardia per correggerne le discriminazioni ed ingiustizie in essa contenute”.
RIFORMA PENSIONI E LA POLEMICA SULLA TAV
Il dibattito sulla Tav finisce per incrociarsi con quello sulla riforma pensioni. Il Movimento 5 Stelle è da tempo contrario alla linea ad alta velocità Torino-Lione, che però il Governo Conte ha deciso di far costruire. In un post su Blog delle Stelle, i pentastellati ribadiscono però la loro posizione e scrivono: “Non possiamo accettare che miliardi di euro di soldi degli italiani siano sperperati per un’opera che non serve a nulla, non possiamo non opporci con tutte le nostre forze. Pensate se potessimo spendere questi miliardi per aumentare le pensioni dei disabili, per costruire asili nido, per aiutare i pendolari italiani. Niente di tutto questo: per il partito del cemento la priorità è bucare una montagna e portare nel 2035 le merci da Torino a Lione con le tecnologie di 16 anni prima! Una follia assoluta!”. Un post che farà discutere, visto che comunque il Movimento 5 Stelle non è un partito di opposizione, ma formante il Governo che di fatto ha dato il suo placet per il completamento dell’opera.
RIFORMA PENSIONI, I DATI NORD-SUD
Alberto Brambilla ha curato la parte del programma elettorale della Lega riguardante la riforma pensioni. E, con il suo Centro studi Itinerari previdenziali, ha presentato recentemente dei dati davvero interessanti. In un’intervista a Libero, l’ex sottosegretario al Welfare spiega che “ogni cittadino del Nord versa 3.086 euro di contributi contro i 2.236 del Centro e i soli 1.008 del Sud. Calcolando il saldo pro-capite in rapporto alla popolazione, lo Stato, per il solo sistema pensionistico, trasferisce ad ogni abitante del Sud oltre 1.000 euro l’anno contro i 658 euro del Centro e i 474 del Nord. Il caso estremo è la Calabria dove a fronte di 100 euro incassati per pensioni se ne pagano 36 (erano 26 nel 1980)”.
LE PAROLE DI BRAMBILLA
Dal suo punto di vista “occorre comprendere che questa situazione è strutturale e se il Sud non si sviluppa né il Nord né l’Ue potranno sopperire alla mancanza di risorse. Il rischio è quindi che l’intero Paese perda sempre più competitività con la grande spada sul capo del debito pubblico che lo potrebbe far collassare”. Per Brambilla, questi “sono numeri dai quali dobbiamo trarre una lezione: se non vogliamo che tra dieci anni oltre al Sud muoia anche il Nord dobbiamo fare qualcosa, bisogna correre ai ripari”. Dal suo punto di vista, una “maggiore autonomia farebbe bene anche al Sud. L’Italia oggi è divisa nei fatti, con un federalismo più spinto può ritrovare unità”. Tuttavia, “insieme all’autonomia va varato un grande piano di rilancio delle infrastrutture del Mezzogiorno”.