“Il cambio di marcia non c’è, ed è un problema per Salvini, che però si tiene il governo, con un occhio alle prossime regionali e un obiettivo: aumentare ancora il consenso”. A quel punto, chi gli dirà di no quando chiederà le urne? È il ragionamento di Paolo Becchi, filosofo del diritto e saggista oggi su posizioni molto vicine a quelle che ispirano la Lega.
Intanto la riforma della giustizia è stata approvata con la consueta formula del “salvo intese”, un modo per dire che tutto è nuovamente in discussione dopo che Salvini ha definito “vuota e inutile” la bozza a 5 Stelle firmata Bonafede. La situazione rimane tutta da decifrare, perché il confronto tra Lega ed M5s si è riaperto, ma il Movimento 5 Stelle, rassicurato da Salvini sulla sopravvivenza del governo, si sta comportando esattamente come prima, osserva Becchi.
“Salvini è stato criticato per la ripresa di dialogo” dice Becchi “ma io ho sostenuto che fosse la mossa giusta. L’idea è: si riparte, ma con un cambio di marcia”.
È quello che Salvini vorrebbe. Per ora senza molto successo.
Infatti Di Maio ha ottenuto quello che voleva: il governo va avanti. M5s però oggi si comporta esattamente come prima. Toninelli è ancora al suo posto, nonostante il sì alla Tav.
Come si spiega?
Grillo è intervenuto a difenderlo. Non si tocca, ha detto. Grillo sembra ai margini, in realtà ha ancora molta influenza. Non sopporta Salvini, lo reputa un cretino, da sempre. E non ha mai sopportato che Di Maio abbia fatto l’accordo di governo con lui.
Sono circolate ipotesi artificiose, attribuite a Giorgetti, per votare nella primavera 2020.
C’è stato effettivamente un periodo in cui i rapporti tra Salvini e Di Maio erano molto tesi. Poi i due si sono visti (il 25 luglio scorso, ndr) ed evidentemente Salvini ci ha ripensato.
Cos’è successo?
In un primo tempo ha pensato che Mattarella avrebbe sciolto le camere. Un errore di valutazione: la parlamentarizzazione della crisi avrebbe sicuramente portato tutti da un’altra parte.
A quel punto Salvini?
Ha voluto verificare direttamente con Di Maio se ci fossero le condizioni per proseguire. Di Maio ha avuto paura, perché staccando la spina al governo, Salvini avrebbe staccato la spina anche a lui. Il governo si regge su loro accordo personale. Se saltasse, Salvini cadrebbe da un posizione di forza, ma Di Maio perderebbe tutto.
Ci sono dei dossier sui quali Salvini grazie a M5s può solo logorarsi: il 5G, la Libia, l’Ilva, l’Europa.
È vero. L’unico modo per evitare il logoramento sarebbe stato un Conte bis completamente rinnovato. Così non è stato. Adesso Salvini deve stare doppiamente attento.
A che cosa?
Il suo primo obiettivo dev’essere quello di abbassare la pressione fiscale. È quello che chiedono gli italiani e non può deluderli. I commercianti che chiudono per le troppe tasse perché non ce la fanno, dicono: ho votato Salvini perché aveva promesso che avrebbe abbassato le tasse, e invece…
Il problema è che la manovra sarà gestita dal “partito” del Quirinale: Tria e Conte. Anche Conte sembrava in bilico, invece è ancora al suo posto.
Conte è espressione di poteri molto forti. Il suo mentore, Guido Alpa, ha rapporti diretti con Napolitano e Mattarella. E con gli ambienti romani che contano.
Che cosa intende con “ambienti romani che contano”?
Vada a vedere chi è entrato nel Csm: sono tutti allievi di Alpa.
Torniamo a Conte.
Controlla direttamente due ministri, Tria e Moavero. Ha visto che i due vicepremier non sono più in sintonia e ha pensato subito di ricavarsi un ruolo autonomo. Per ora c’è riuscito: la partita europea l’ha giocata tutta lui, è stato lui a manovrare perché passasse la von der Leyen, che senza i voti dei 5 Stelle non sarebbe mai stata eletta.
Vuol dire che Conte ha gestito la partita contro Salvini.
Questo è sicuro. Salvini dal canto suo non ha voluto sacrificare il capitale politico accumulato in Italia e ha votato no.
Domani (oggi, ndr) la von der Leyen vedrà Conte. Spetterebbe alla Lega indicare il nome del commissario europeo alla concorrenza.
A mio avviso dovrebbe proporre un nome di prestigio. Sapelli per esempio.
La von der Leyen vuole una donna.
La Lega faccia muro sul nome che sceglie. A quel punto vedremo cosa fanno la von der Leyen e Conte.
Ma così per la Lega si profilerebbe un’altra sconfitta in Europa.
Stiamo a vedere.
Salvini avrà anche il 37 per cento in Italia, ma a Bruxelles è debole.
È vero, però il gruppo Identità e Democrazia è forte e giocherà un ruolo. Salvini per ora deve affidarsi a quello. Con Stati Uniti e Russia i rapporti politici sono buoni, il Russiagate è solo un problema personale di Savoini.
E in queste condizioni secondo lei Salvini arriva al 2022?
Io non ho mai detto che la prospettiva è di arrivare al ’22. Secondo me Salvini ha già cominciato ad interessarsi delle prossime regionali: nel 2019 si vota in Emilia Romagna e Calabria, nel 2020 in Liguria, Toscana, Umbria… se la Lega fa una buona politica, può crescere ancora.
Con quale obiettivo?
Andare al voto anticipato da sola, senza alleanze. Diventerebbe difficile, molto impopolare negare le elezioni a chi ha il 40-45% dei consensi.
Davvero Salvini potrebbe arrivare al 45%?
Anche al 50%, se Repubblica continua a riempire pagine con il figlio di Salvini sulle moto d’acqua della polizia. Al Sud la Lega non è partita come si deve. Fossi in Salvini andrei in Calabria, dove Invernizzi ha ristrutturato il partito e scelto i nuovi coordinatori, e aprirei subito la campagna.
Qualcuno osserva che al Sud Salvini dovrebbe stare più attento nel reclutare il personale politico.
A maggior ragione Salvini vada sul territorio e controlli uno per uno i candidati, li metta alla prova, assicurandosi che non siano vecchi riciclati della politica. Si affidi ai piccoli imprenditori. Potrebbero essere l’embrione di una classe dirigente nuova, come al Nord.
Perché sulla giustizia Lega ed M5s sono andati allo scontro?
Perché la riforma della giustizia Salvini vuole farla sul serio. M5s invece guarda all’applicazione del contratto nei termini di uno scambio: avete avuto la Tav? Dite sì al nostro pacchetto giustizia, senza cambiare una virgola. Un errore: Di Maio e i suoi si ostinano a interpretare in senso privatistico un contratto politico.
Forse pensano che dire no ed essere intransigenti su tutto ricompatti M5s.
Si sbagliano, evidentemente, perché l’opinione pubblica non li capisce più.
(Federico Ferraù)