Cairo, il cuore dell’Egitto sanguina ancora. Le indagini sull’esplosione che poco dopo la mezzanotte di lunedì 5 agosto ha provocato 20 morti e oltre 40 feriti sono ancora in corso. Un incidente, un attentato o entrambe le eventualità? L’auto che viaggiando contromano a forte velocità si è scagliata contro altre tre vetture provocando la deflagrazione trasportava davvero materiale esplosivo destinato a un attacco terroristico ed era pertanto inseguita dalla polizia? È questa una delle ipotesi in circolazione.
La procura sta interrogando i testimoni oculari, mentre analizza i filmati delle telecamere di sorveglianza nel quartiere e di fronte al luogo della tragedia, l’Istituto Nazionale per il Cancro. In attesa di maggiori delucidazioni sulle dinamiche, l’accaduto porta in ogni caso acqua al mulino dei Fratelli Musulmani e delle loro reti terroristiche che continuano a destabilizzare il Paese, dal Sinai in giù.
L’obiettivo è quello di mantenere elevato l’allarme sicurezza, specie durante la stagione estiva. L’economia egiziana, in perenne stato di difficoltà, punta enormemente sul turismo per avere l’ossigeno necessario alla sopravvivenza. Ma né la sopravvivenza, né tanto meno lo sviluppo dell’Egitto sono in cima alle priorità dei leader e degli esponenti dei Fratelli Musulmani che hanno trovato ospitalità alla corte di Erdogan in Turchia e degli emiri Al Thani in Qatar.
Da Istanbul a Doha, la linea rossa del jihad stringe il cerchio sul Cairo, indifferente al fatto che siano stati gli stessi egiziani a scendere in piazza per dire no ai Fratelli Musulmani e a Mohammed Morsi presidente. Anche gli egiziani che oggi criticano le maniere forti di Al Sisi non tornerebbero mai sui propri passi, non tornerebbero mai indietro perché vogliono andare avanti, verso un futuro di democrazia, libertà e diritti umani, senza i Fratelli Musulmani.
La Fratellanza, tuttavia, è dura a morire e col supporto di Turchia e Qatar continua a regolare il termometro dell’insicurezza interna in Egitto. Che sarebbe stata un’estate particolarmente calda lo aveva preannunciato la decisione della British Airways di sospendere per una settimana i voli da e per il Cairo per ragioni di sicurezza, dopo un allarme lanciato dal Foreign Office del Governo di Londra (la Lufthansa si è limitata a un solo giorno di sospensione).
Si è trattato di un allarme terroristico, per la precisione, come da programma. Alzare il livello della minaccia per tenere lontani i visitatori dalle località balneari e turistiche, prostrando l’Egitto fino a scatenare nuove rivolte del pane, di cui assumere la guida per rovesciare l’attuale regime e prendere il potere, installando una dittatura fondamentalista: lo schema della Primavera Araba è sempre valido e pertanto l’esplosione di ieri, incidente, attentato o una combinazione di entrambi, ha fatto certamente gioire i Fratelli Musulmani che da Istanbul e Doha tramano contro il futuro del popolo egiziano.
Ma attenzione a non cadere nella trappola della Fratellanza. Il miglior modo per agevolarne il piano di conquista è cedere alla paura, abbandonando l’Egitto, lasciandolo da solo di fronte alla minaccia sempre viva e pronta a colpire del terrorismo jihadista. Condividendo lo spazio mediterraneo, l’Italia è il primo paese in Europa a dover far sentire al Cairo la propria vicinanza: che il Governo balneare di questi giorni non se ne dimentichi.