DI GIROLAMO SU RDC E PDC
In tema di riforma pensioni si è discusso recentemente dell’efficacia di una misura come quella relativa agli assegni di cittadinanza. Gabriella Di Girolamo, senatrice sulmonese del Movimento 5 Stelle, commentando i dati relativi ai beneficiari di reddito e pensione di cittadinanza nel Centro Abruzzo, ha detto che “al di là dei freddi numeri, non dobbiamo dimenticarlo, le cifre sono persone, famiglie, che hanno riacquistato la dignità sociale. Individui e nuclei familiari, ridotti in povertà da annose politiche sorde al lento e inesorabile declino economico degli italiani e dei nostri abruzzesi, sofferenti inascoltati, silenziosi. Finché il Governo del Cambiamento non ha dato loro attenzione e, con una manovra mai effettuata prima, ha messo a disposizione somme di denaro per tornare a vivere, anche potendo acquistare piccole cose ma sufficienti ad elevare una condizione non solo economica ma anche di dignità nel sociale, soprattutto con maggiore libertà e speranza nel futuro. Tante persone che con estrema sofferenza hanno vissuto l’emarginazione e oggi con rinnovata dignità tornano al sorriso, alla vita vissuta con meno preoccupazione e angoscia”.
QUOTA 42, IL RILIEVO DEL CODS
Claudio Durigon, come vi abbiamo già segnalato, ha dato un segnale di apertura rispetto alla proposta di una riforma pensioni che preveda il varo di Quota 42 l’anno prossimo, in attesa di arrivare alla Quota 41 promessa a partire dal 2022. Orietta Armiliato, sulla pagina Facebook del Comitato Opzione donna social, segnala che quella di Quota 42 è una “proposta interessante ma prevalentemente adatta alla platea maschile giacché è un dato di fatto incontrovertibile che le donne non riescono ad arrivare a raggiungere i requisiti contributivi che occorrono per Quota 100 che sono 4 di meno di quelli proposti. Saremmo sempre alle solite: anche questa non sarebbe una misura per donne!”. Tra l’altro il sottosegretario del Lavoro, a pensionipertutti,it, ha anche ricordato che “solo per fare un esempio sui costi allo studio, anche un solo anno di contributi figurativi per ogni figlio alle donne costa ben 3 miliardi”. Il che lascia pensare che un intervento che guardi all’intera platea femminile non sarà certamente poco oneroso.
DURIGON APRE A QUOTA 42
In tema di riforma pensioni va registrata un’importante apertura di Claudio Durigon rispetto all’ipotesi di introdurre Quota 42 nel 2020 avanzata dal lavoratore precoce Cristian Cuppi e registrata da pensionipertutti.it, che ha quindi chiesto al sottosegretario al Lavoro se fosse possibile ipotizzare di fare in modo che dall’anno prossimo sia possibile andare in pensione con 42 anni di contributi, per passare poi a 41 anni e sei mesi nel 2021 e a 41 anni netti nel 2022, come già ipotizzato dal Governo. “La proposta è interessante, la farò quotare, anche se so che costerà molto. Però è giusto provare a vedere se la situazione economica è cambiata”, ha detto Durigon, ricordando che già l’anno scorso era stata fatta una quotazione delle ipotesi di riforma pensioni sul tavolo, prima di decidere di varare Quota 100. C’è da dire però che difficilmente, proprio perché la situazione economica non è migliorata e perché ci sono altre spese da affrontare (clausole di salvaguardia e taglio delle tasse su tutte), si troveranno risorse per una misura di questo tipo.
I TAGLIEGGIAMENTI SUI PENSIONATI
Continuano a far discutere le misure di riforma pensioni riguardanti quanti sono in quiescenza. L’edizione aretina de La Nazione riporta le dichiarazioni di Angiolo Galletti, Presidente provinciale e regionale di Anap-Confartigianato, secondo cui “le pensioni sono state trasformate da elemento intoccabile, perché accumulate con i soldi reali dei pensionati, ad una specie di pozzo monetario a cui è lecito attingere quando lo Stato entra in difficoltà economica prelevando indiscriminatamente e abusivamente, perché è come se qualcuno con il proprio bancomat prelevasse somme di denaro da un conto altrui”. Galletti fa anche un esempio concreto. “Si prenda il caso di un pensionato che dal 2006 riceve 2.000 euro lordi al mese (26.000 all’anno). Facendo la somma delle varie perdite, egli ha perso nel periodo circa dodicimila euro, ossia quasi la metà di un’annualità di pensione. Una situazione nella quale si trovano quasi un milione di pensionati con rendite da 1.600 euro netti al mese”. “Noi di Anap continueremo a denunciare questi veri e propri taglieggiamenti”, è la conclusione di Galletti.
CHIARIMENTO SU CESSIONE QUINTO
Come noto, la pensione può essere utilizzata per richiedere dei prestiti tramite la cosiddetta “cessione del quinto”. Quando la riforma pensioni, oltre a Quota 100, ha introdotto la pensione di cittadinanza non ha dato indicazioni particolari circa la possibilità che questa prestazione possa essere utilizzata come “garanzia” per un prestito. Tuttavia, come spiega investireoggi.it, in generale risultano esclusi dalla cessione del quinto: pensione sociale e assegno sociale; pensione integrata al minimo; pensione d’invalidità civile; pensione d’inabilità civile, o assegno mensile di assistenza per gli invalidi civili totali; sussidi di sostegno al reddito; assegni al nucleo familiare; pensioni con contitolarità per la quota parte non di pertinenza del soggetto richiedente la cessione; prestazioni di esodo. Il punto è che il reddito e la pensione di cittadinanza “costituiscono proprio sussidi di sostegno al reddito, quindi sono espressamente esclusi dalla cessione del quinto”. Un chiarimento molto utile per i beneficiari della prestazione.
RIFORMA PENSIONI, QUOTA 100 NELLA PA
La riforma pensioni con Quota 100 potrebbe avere effetti importanti sul pubblico impiego e sui servizi erogati dagli enti locali. “Già da due anni si sapeva che nell’arco del quinquennio in corso buona parte dei dipendenti pubblici sarebbero andati in pensione. Per risolvere questa emergenza bisogna stabilizzare subito i precari della pubblica amministrazione, utilizzando le graduatorie già stilate e chiamando in servizio chi è idoneo”, sottolinea Francesco Corna, Segretario generale della Cisl di Bergamo. Lavocedellevalli.it riporta anche quanto evidenziato dalla locale Fp-Cisl circa l’età media piuttosto elevata nel comparto pubblico, dettata dal fatto che “l’ultima grande ondata di assunzioni nella pubblica amministrazione risale agli anni Ottanta e per questo l’età media dei lavoratori comincia a essere piuttosto alta”.
L’OCCASIONE DA NON SPRECARE
Per fare un esempio, dal sindacato ricordano che“per molti attuali dipendenti il reclutamento è avvenuto con una prova alla macchina da scrivere. Ora bisogna pensare a un profondo ringiovanimento delle strutture”. Un problema specifico della bergamasca è però quello di essere “la provincia con il minor numero di dipendenti pubblici in relazione agli abitanti e questo potrà sicuramente comportare disagi nel momento del cambio del personale”. Occorrerà quindi intervenire in modo celere con i concorsi in modo da avere una sostituzione rapida dei dipendenti che andranno in pensione utilizzando magari l’opportunità in più presente da quest’anno rappresentata da Quota 100.