Sono trascorsi poco più di 50 anni dal massacro di Cielo Drive: il 9 agosto del 1969 l’attrice Sharon Tate e quattro suoi amici vennero barbaramente uccisi dai seguaci di Charles Manson. E Sergio Leone scampò all’eccidio per puro caso, per un bidone datogli da Luciano Vincenzoni: questo il retroscena raccontato da Fabio Santini nel suo nuovo libro, “Sergio Leone – Perché la vita è cinema”. Reduce dal grande successo di C’era una volta il West, il pluripremiato regista di Roma al tempo era in trattativa con le major americane per un nuovo film western «o su una storia di mafia»: lo sceneggiatore Vincenzoni ricevette un invito a casa di Roman Polanski e Sharon Tate la sera dell’8 agosto 1969, invito accettato da Leone «senza eccessivo entusiasmo». Santini prosegue il suo racconto, come riporta Dagospia: «Il giorno dopo Vincenzoni riceve un altro invito. Un produttore importante di Hollywood gli offre di trascorrere il weekend a casa sua. E lo sceneggiatore accetta. Così a Leone tocca l’ingrato compito di andarci da solo a quel party».
“SERGIO LEONE SCAMPO’ AL MASSACRO DI CIELO DRIVE”
Quanto accadde a Bel Air quella tragica notte tra l’8 ed il 9 agosto 1969 lo conosciamo tutti: Sharon Tate, all’ottavo mese di gravidanza, e i suoi ospiti vennero fatti a pezzi dai seguaci di Charles Manson. E Luciano Vincenzoni in quelle ore fu naturalmente terrorizzato dalle notizie apparse su tv e giornali. Ma fu lo stesso Sergio Leone a rinfrancarlo al telefono, spiega Santini: «Il regista gli risponde serafico: “Ma te pare che io vada a una festa da solo in mezzo a gente che non conosco con il mio inglese che è quello che é. Così me ne sono stato in albergo a vedermi un film…”». Vincenzoni spiegò in un secondo momento a tal proposito: «E pensare che mi sentivo in colpa per avergli dato buca e invece quel bidone gli ha salvato la vita…».