Direte voi, giustamente: ma se chi scrive ha attaccato fino a ieri il Governo giallo-verde, invocando un sussulto di responsabilità nel gestire la cosa pubblica in una congiuntura storica pressoché senza precedenti come quella che stiamo vivendo, perché ora attaccare l’ipotesi proprio del Governo di transizione e del buon senso? Giusta considerazione. Cui rispondo volentieri: perché odio farmi prendere per i fondelli. Quale sarebbe la mia preferenza per palazzo Chigi è noto, almeno per chi mi segue su queste pagine. Altresì, ritengo necessario gestire l’autunno e l’inverno con enorme cautela, buon senso appunto, ma anche e soprattutto una buona dose di scaltrezza diplomatica nel tessere alleanze e tutelare i nostri interessi.
Il problema è uno solo: se ci sono i 5 Stelle di mezzo, a qualsiasi livello, come sembra nell’ipotesi avanzata da Matteo Renzi, cosa cambierebbe? Cosa pensate, forse che la sola presenza dell’ex segretario del Pd e delle sue truppe parlamentari sia sufficiente a riportare a più miti e raziocinanti atteggiamenti Di Battista e compagnia cantante? Pensate che, di colpo e per magia, Toninelli si trasformi in Zamberletti? Che la Grillo si tramuti in Milton Friedman? Che Bonafede si tramuti da presidente del fan club di Davigo a Cesare Beccaria con un colpo di bacchetta magica e che Di Stefano diventi nottetempo Henry Kissinger?
Chi è Matteo Renzi, in realtà, re Mida? Scusate, ma stento a crederlo, visto che non è riuscito né a trasformare il partito che guidava e che lo ha defenestrato, né a convincere gli italiani sulla bontà del referendum su cui aveva puntato (mentendo, vista la cronaca di queste ore) tutta la sua carriera da premier. Anche lui, di colpo, si è tramutato in fenomeno? Non prendiamoci in giro, per favore. Ai poteri che contano davvero serve un Governo sotto scacco degli eventi per portare a termine un’agenda predeterminata – e necessaria, in alcuni punti, occorre ammetterlo – che 5 Stelle e Lega non potevano permettersi di mettere in pista. Ma che, piaccia o meno, è ormai inderogabile. E Matteo Renzi ha tutta la convenienza a farlo, per due motivi.
Primo, comunque vada a finire, lui subentrerebbe in corsa e a danni compiuti da altri, quindi o fa la figura del salvatore della Patria o gode di una giustificazione grossa come una casa. Secondo, è il metodo più istituzionale, efficace e mediaticamente sfruttabile per costruirsi un futuro politico da protagonista, quasi un reset del passato. I 5 Stelle? Se vanno al voto ora, si estinguono. Quindi, trattasi del più palese e chiaro dei casi di scelta obbligata. Sperando nella logica del calcio al barattolo, il primum vivere.
Il motivo reale di questo ribaltone estivo, in sintesi e al netto dei suoi protagonisti “visibili” e identificabili? Ve lo mostra, plasticamente, questo grafico: mentre il mondo guarda al conflitto commerciale fra Usa e Cina, la vera bomba atomica ce l’abbiamo in casa. Ticchettante. Sempre di più. Noi e la Germania, gemelli siamesi di una congiuntura che, giorno dopo giorno, diventa sempre più pericolosa, come i dati macro tedeschi stanno ormai confermando da un trimestre abbondante e come quelli del Nord produttivo ormai inanellano da settimane. E signori, per quanto servirà tanto, tantissimo, il nuovo Qe di Mario Draghi che Christine Lagarde si limiterà a guidare tramite il pilota automatico, non sarà sufficiente.
Quella capitalizzazione bancaria è da terzo mondo, se guardiamo a quali siano oggi i competitori globali. Statunitensi ma anche cinesi, visto che – anche se la cosa può sembrare folle – i primi quattro istituti di credito globali per market cap fanno capo al Dragone (Icbc 4 triliardi di dollari, China Construction Bank 3,4 triliardi, Agri Bank of China 3,3 triliardi e Bank of China 3,1 triliardi). Serve sì che la Bce compri titoli di Stato, calmieri lo spread e offra liquidità tramite le aste, ma serve anche che i Paesi più esposti e interessati, i loro governi, si aiutino da soli. Perché il recente passato e la realtà finora celata dei conti (quelli veri) ci dicono che gli aumenti di capitale, per quanto sostenuti dal regime di Qe, vengono di fatto inglobati e digeriti dalle liabilities in essere nell’arco di poche settimane. Uno dopo l’altro, come dimostrato da Deutsche Bank. E anche da Unicredit.
Serve uno shock. Come? Deutsche Bank ha già fatto il suo, eliminando l’investment banking che l’ha tenuta in piedi finora, dopo averla però messa su questa rotta da kamikaze con il suo azzardo morale ontologico. E sta già tagliando personale con il machete, da Londra a New York, da Tokyo a Sidney a Hong Kong. Commerzbank aspetta solo di maritarsi invece. E con chi, visto che Deutsche Bank ha scelto la via del cosiddetto mercato e della bad bank? Bravi, con Unicredit. La quale, come saprete, ha già annunciato anch’essa un bel piano di tagli occupazionali con parecchi zero, circa 10mila. E chi poteva gestire quel tipo di tensione sociale in autunno, forse un Governo che ha strepitato contro il decreto salva-banche e la Bce fino a tre giorni fa? Difficile. Molto difficile. Occorre gente che sa contemperare le cose, gente scaltra. Formalmente di sinistra, soprattutto. Gente senza scrupoli, affamata di potere e con il pelo sullo stomaco: sembra l’identikit di Matteo Renzi, spiccicato.
D’altronde, basterà che durante l’interregno fra l’addio di Draghi il 31 ottobre e l’arrivo della Lagarde dal 1 novembre, qualcosa vada volontariamente e strumentalmente storto nella comunicazione ai mitologici mercati e la grande paura dello spread potrebbe tornare. Magari, una bella voce interna proprio alla Bundesbank, capace di far traballare un po’ indici e rendimenti, proprio per ottenere l’effetto contrario: ovvero, ammansire tramite la paura le opinioni pubbliche. Finora, almeno in Italia, l’allarme è stato quello dei migranti. Chissà che, fra qualche settimana, non torni a essere il differenziale con il Bund, anche solo per qualche giorno. E allora, come certe coperture di zucchero e glassa che rendono meno amare le pillole, anche i sindacati dovranno ingoiare migliaia di esuberi nel comparto bancario, pena essere tacciati di irresponsabilità in un momento di grande tensione internazionale.
Magari, poi, non basterà. E toccherà mettere mano, in qualche modo e oltre all’aumento Iva, al tesoretto dell’immenso risparmio privato e del patrimonio immobiliare degli italiani, così legato alla questione bancaria e alla necessità statale di fare cassa. Patrimoniale? Perché no, d’altronde persino il non certo indigente e comunista professor Mario Monti la invoca ormai da mesi, in tutti i talk-show televisivi. Volete capire se sta arrivando? Date un’occhiata ai saldi di Target2 e guardate il livello implicito di fughe di capitali dal nostro Paese: se salirà, come immagino, significa che chi di dovere sta già spostando all’estero ciò che può. Ammesso e non concesso che non l’abbia già fatto. Da tempo.
Credevate al Governo del cambiamento, ci credevate davvero? Bravi, ecco il risultato. Un po’ come chi credeva ai “gilet gialli” e oggi si ritrova con un Emmanuel Macron che, addirittura, fa campagna acquisti fra i renziani transnazionali, tanto per unire al danno della sua rinnovata presenza sullo scenario, anche la beffa del comandare i giochi. Preparatevi, perché sarà dura. Ma dura davvero, stavolta. O, magari, mi sbaglierò come al solito. E sarà stato un anno bellissimo, alla fine.
(2- fine)