Il Pentagono ha effettuato il 18 agosto, nel Pacifico, il test di un missile cruise terra-aria lanciato da una piattaforma mobile sita nell’isola di San Nicolas, a largo della California, che ha colpito l’obiettivo prefissato a oltre 500 km di distanza violando il precedente trattato Inf dal quale gli Usa sono usciti. Qual è il significato strategico di questo test missilistico?
In primo luogo, è certamente la conseguenza delle dichiarazioni fatte ad agosto dal segretario della Nato Jens Stoltenberg che aveva spiegato che il Trattato Inf era giunto alla fine a causa dello spiegamento da parte della Russia del sistema missilistico SSC-8, che è nucleare, mobile, difficile da rilevare e abbassa la soglia per l’uso di armi nucleari nei conflitti armati. Inoltre, aveva sottolineato che “tutti gli alleati della Nato concordano sul fatto che questi missili violano il trattato Inf” e che la Russia continua a sviluppare e a mettere in campo sistemi missilistici nucleari nonostante anni di impegno da parte degli Stati Uniti e di altri alleati.
“Ci dispiace che la Russia non abbia mostrato alcuna volontà e non abbia preso misure per ottemperare ai suoi obblighi internazionali”, aveva aggiunto, sottolineando che tutti gli alleati sostengono la decisione degli Stati Uniti di recedere dal Trattato in quanto “nessun accordo internazionale è efficace se viene rispettato solo da una parte. La Russia ha la sola responsabilità per la fine del Trattato”.
In secondo luogo, da un punto di vista strettamente strategico, è difficile negare che l’uscita dall’Inf consentirà agli Stati Uniti di incrementare il suo arsenale missilistico in funzione sia anti-russa che anti-cinese. A tale proposito le affermazioni di Mike Pompeo, secondo il quale non esiste alcuna ragione per cui gli Stati Uniti dovrebbero continuare a concedere il vantaggio della superiorità nucleare a potenze emergenti come la Cina, sono assolutamente rilevanti. Infatti, il missile ha attraversato l’Oceano Pacifico in funzione di deterrenza anti-cinese. Non solo quindi ancora una volta il conflitto tra Cina e Stati Uniti si gioca sul controllo del Pacifico, ma con questo test missilistico, e siamo al terzo aspetto, gli Usa ribadiscono quanto affermato nel documento ufficiale intitolato Nuclear Operations nel quale si afferma che l’uso di armi nucleari può creare le condizioni per risultati decisivi: in specifico, l’uso di un’arma nucleare cambierà fondamentalmente il quadro di una battaglia creando le condizioni che permettono ai comandanti di prevalere nel conflitto. Le armi nucleari, insomma, permettono agli Usa di “assicurare gli alleati e ai partner” che, confidando su di esse, “rinunciano al possesso di proprie armi nucleari, contribuendo agli scopi Usa di non-proliferazione”.
Infine, la conseguenza a livello geopolitico più prevedibile su medio-termine di questo test missilistico sarà da un lato l’aumento della proliferazione nucleare da parte di Russia, Cina e Corea del Nord e dall’altro sul lungo periodo il rischio che aumenti la probabilità di un conflitto termonucleare. Non è quindi un caso se Putin, durante l’incontro con i membri permanenti del Consiglio Nazionale di Sicurezza del 23 agosto, ha affermato che la Federazione Russa farà tutto ciò che è necessario per garantire la propria sicurezza nazionale dopo l’uscita unilaterale degli Stati Uniti dal Trattato sulle forze nucleari a medio raggio.