Paolo Calabresi, attore e trasformista 55enne, è soprattutto padre di quattro figli – due maschi e due femmine – tutti avuti dall’attuale moglie Fiamma. In una intervista rilasciata al quotidiano Il Messaggero, ha raccontato di non sapersi definire nel ruolo di genitore. “Ho cercato sempre di conciliare famiglia e lavoro”, ha ammesso, “Le esigenze dei figli richiedono una presenza non solo economica, ma fisica e spirituale. E io temo di non avere mai tempo, cosa che in un modo o nell’altro bisogna assolutamente trovare”. Il figlio Arturo è ormai un adulto che sembra aver trovato la sua strada. Ha 23 anni ed è un calciatore professionista in Francia, dove ha fatto parte della Nazionale Under 21. “Lui sta diventando un uomo e io non devo ritornare bambino”, ha commentato Calabresi pensando al loro rapporto. L’errore commesso da molti genitori è infatti quelli di identificarsi con i propri figli. “Amando il pallone per me è una gioia enorme, ma devo aiutarlo a condividere le sue preoccupazioni”, ha ammesso. Pensando alla sia professione, l’attore torna anche al periodo (fine anni Novanta) in cui fece il trasformista. Un periodo che definisce “bellissimo” ma frutto di un dolore grande. “Nel ’97 in dieci giorni morirono i miei genitori” – racconta – “E dopo due mesi se ne andò un maestro come Strehler. Una botta micidiale”.
PAOLO CALABRESI, DALLA DEPRESSIONE ALLA PSICANALISI
Per Paolo Calabresi, quello fu però anche il periodo della depressione. Dopo circa un anno da quei lutti importanti, mentre si trovava a Milano, smise di voler lavorare. “Una sera c’era la Roma San Siro, non avevo i biglietti e mi spacciai per Nicholas Cage. Ci credettero tutti. Era il 9 gennaio 2000: ritrovai la voglia di recitare. Grazie alla Roma”, ricorda. Calabresi ha poi rivelato di essere stato in terapia da uno “junghiano” per tre anni ma spiegare cosa c’era alla base del suo problema gli risulta ancora oggi difficile. “Posso dire, però, che dopo poche sedute ho incontrato il mio inconscio e ho ripreso a sognare dopo anni che non lo facevo. E’ stato bellissimo”, ha commentato. A proposito del suo essere trasformista, i travestimenti ha ammesso di avergli provocato spesso degli equivoci più che dei problemi. “Sono insicuro e in passato c’era chi pensava che fossi quello degli scherzi e basta”, ha rivelato, aggiungendo anche un pizzico di timidezza, quella che lui definisce “un’arma a doppio taglio” perchè alla fine “spinge a dare molto di più”. A se stesso certamente ha bisogno di dimostrare “che la voglia è sempre la stessa”. Dopo i periodi di tristezza ha bisogno di darsi stabilità: “Ho l’umore altalenante. Devo imparare a rilassarmi un attimo, lo devo ai miei figli”. Oggi le manca non aver fatto il regista ed ammette di non avere alcun obiettivo da raggiungere prima dei 60 anni. “Ma vorrei iniziare a darmi delle scadenze”, ammette. Però è riuscito a mantenere la promessa fatta al quarto figlio: “ho detto che mi sarei occupato di lui tanto quanto gli altri. Ce l’ho fatta”, ha concluso.