Le relazioni tra Australia e Usa dal punto di vista strettamente militare – e sottolineiamo strettamente militare – risalgono agli anni 50 in funzione anticomunista. Proprio in quest’ottica l’Australia diede un contributo rilevante in alcune delle più importanti guerre nello scacchiere asiatico: Corea, Malesia e Vietnam.
Il secondo aspetto da evidenziare in ambito militare è l’appartenenza dell’Australia alla cosiddetta Ukusa Community (denominata anche Five Eyes, della quale fanno parte Nuova Zelanda, Canada e Gran Bretagna) attraverso il suo servizio segreto noto come Defence Signals Directorate, il cui compito specifico è quello di sorvegliare le comunicazioni provenienti dal sud-est asiatico.
Ebbene questa solida alleanza viene sempre più minacciata dalla proiezione di potenza economica cinese che in Australia ha agito secondo un modus operandi ampiamente applicato in altri continenti, come per esempio l’Africa. Non dobbiamo infatti dimenticare che queste mire strategiche, strettamente legate alla Nuova Via della Seta, coinvolgono l’Oceano Indiano e l’Oceano Pacifico. Il ruolo delle industrie estrattive e delle materie prime, il ruolo delle esportazioni cinesi, la volontà di fare ingenti investimenti nelle infrastrutture portuali, soprattutto nella zona della Papua Nuova Guinea attraverso il rifinanziamento del debito e nel Mare dei Coralli, sono tutte scelte strategiche che nascono non solo con lo scopo di aumentare la presenza cinese in questa cruciale zona geografica ma anche con quello di ridimensionare da un lato in modo profondo quella australiana e dall’altro con lo scopo di contribuire a indebolire l’asse geopolitico americano-australiano. È sufficiente pensare agli accordi siglati dalla Cina con lo stato di Victoria per avere una idea chiara del peso crescente cinese in Australia, come agli accordi siglati con il Nuovo Galles del Sud australiano. Per non parlare poi degli ingenti finanziamenti cinesi al più importante gasdotto australiano e cioè al Bunbury Natural Gas Pipeline.
Al di là di questi accordi bilaterali l’influenza complessiva della Cina in Australia passa attraverso la diaspora cinese, e attraverso i media locali in lingua mandarina che diffondono la politica ufficiale di Pechino e soprattutto attraverso un’ampia e capillare rete di spionaggio.
A questa offensiva cinese l’Australia ha cominciato a rispondere in prima battuta con un documento ufficiale e cioè con il Libro bianco della Difesa del 2009, che ha sottolineato il ruolo della Cina nel contesto della sicurezza; in secondo luogo l’Australia ha impedito all’azienda Huawei sia di porre in essere un cavo sottomarino tra Papua e Guadalcanal, sia di porre in essere l’infrastruttura 5G come indicato in un articolo precedente; in terzo luogo ha rafforzato la cooperazione militare con le Filippine, il Vietnam, la Malesia, l’Indonesia, Singapore, la Thailandia e soprattutto con il Giappone, cooperazione questa che serve a ridimensionare e contenere la prepotenza di Pechino nel Mar cinese meridionale.
In quarto luogo ha incrementato le spese militari sia nel 2017 – siglando contratti di collaborazione con Fincantieri all’interno del programma Future Frigates-SEA 5000 per la costruzione di 9 fregate per la Royal Australian Navy del valore di circa 35 miliardi di dollari australiani -, sia nel febbraio del 2019 con il gruppo francese Naval Group siglando un contratto da 34 miliardi di euro per la costruzione di 12 sottomarini a propulsione convenzionale destinati alla Royal Australian Navy.