Se il più grande stupore non dura più di tre giorni – come si dice in Albania, il paese dove sono nata – le novità politiche di questo agosto sono state così forti e inaspettate da aver lasciato frastornati per settimane tanti cittadini, che ancora stentano a raccapezzarsi e cercano punti di riferimento per aggiornare le proprie bussole politiche colpite d’improvviso da obsolescenza (non) programmata.
Alcuni punti fermi significativi oggi li abbiamo: conosciamo i componenti della squadra di Governo, che hanno giurato di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne lealmente la Costituzione e le leggi, e i punti principali del programma. La piattaforma Rousseau ha benedetto quest’intesa con il Pd con una maggioranza significativa (79,3% dei votanti secondo il Blog delle Stelle), segnalando una vicinanza sorprendente della base grillina al Partito democratico, espressamente menzionato nel quesito posto agli iscritti a Rousseau (al contrario di quello che avvenne con la Lega).
Il nodo più difficile da sciogliere per il nuovo Governo sarà quello delle politiche sull’immigrazione, con il segretario dem Nicola Zingaretti che sottolineava nuovamente nella serata di ieri la necessità di una modifica radicale dei decreti sicurezza.
Su questo tema la proposta più interessante è arrivata dall’ex primo ministro Romano Prodi, che vedeva come urgente la creazione di un ministero dell’Immigrazione. Nonostante tale ministero non sia previsto nel nuovo Governo, rimane la necessità di affrontare in modo trasversale l’immigrazione, non riducendola a problema di ordine pubblico e di sicurezza perché in effetti tale non è. Con la Libia in guerra, l’esigenza di un impegno diretto dell’Ue e i flussi d’immigrazione internazionali, per una gestione efficace è necessario coinvolgere direttamente elementi di politica estera, politica interna, welfare, cooperazione allo sviluppo e altri, che nella migliore delle ipotesi dovrebbero avere come cabina di regia un’entità ad hoc.
Mentre questo rimane auspicabile, certo è che il Pd ha illustrato le sue priorità sul tema a Giuseppe Conte: l’Ue come luogo in cui affrontare la cornice delle politiche migratorie, compresa la parte emergenziale e transnazionale del fenomeno; una nuova legge quadro sull’immigrazione che superi la Bossi-Fini (attesa da anni da chi si occupa del tema) e nuovi strumenti per l’integrazione.
Credo che riuscire a ideare e implementare politiche efficaci per l’integrazione sia la chiave di volta che permetterebbe di tenere in piedi l’intero edificio fin qui delineato, portando nel tempo quella parte di italiani impaurita dall’immigrazione a vederla come risorsa e non come problema. Questo già avviene in realtà territoriali italiane dove il processo d’integrazione ha funzionato, ma in molti casi le politiche pubbliche di accompagnamento hanno fallito e da qui è necessario ripartire superando anche la dolorosa frattura sociale consumatasi con Matteo Salvini ministro dell’Interno.
È auspicabile pensare che i parlamentari del M5s, che sono stati in silenzio nell’epoca dell’unione con Salvini, facciano sentire la loro voce in favore di tale nuova impostazione sull’immigrazione.
Infine, l’invito di Beppe Grillo a vivere con euforia questa fase irripetibile di cambiamento potrebbe essere rivolto anche a lui medesimo, chiedendogli di lasciarsi coinvolgere dal cambiamento e spendersi per politiche di integrazione che contemplino anche una riforma della legge sulla cittadinanza in un senso più inclusivo verso decine di migliaia di bambini figli di immigrati che nascono e crescono in Italia, le seconde generazioni.
Nel 2013 il suo posizionamento su questo argomento è stato a dir poco rigido, deludendo chi pensava che potesse avere a cuore anche i diritti dei migranti oltre a quelli degli esodati, e successivamente non ci sono stati segnali che si sia ammorbidito. Ma appunto, che fase di cambiamento sarebbe se non contemplasse anche “l’euforia” di voler vedere l’Italia rinnovare la legislazione sull’acquisizione della cittadinanza di fronte alla rinnovata società che vive in questo paese?