Che il passaggio politico italiano guardasse a una fase “costituente” era già risultato evidente a tutti coloro che hanno preso parte all’ultimo Meeting di Rimini: durante il quale il confronto culturale – in particolare sulle problematiche dello sviluppo e del lavoro – ha parlato in tempo reale alla crisi di governo in corso. Non ha quindi sorpreso che il premier Giuseppe Conte – nel chiedere la fiducia delle Camere – abbia esplicitamente augurato al suo nuovo esecutivo di poter essere “costituente”: capace cioè di imprimere al sistema-Paese una ripartenza di forza particolare, al di là delle emergenze.
Alcune premesse importanti non mancano. Appare rilevante fra tutti un ritrovato equilibrio di temi e di toni con l’Europa. La presenza di un ex premier come Paolo Gentiloni nella nuova Commissione Ue – con l’importante portafoglio all’Economia – assieme alla nomina di David Sassoli al vertice dell’europarlamento pare smentire i timori ricorrenti riguardo un’Italia non pienamente inserita nella governance continentale. Sbaglierebbe tuttavia chi limitasse le attese riguardo la rinnovata relazione con Bruxelles e con gli altri Paesi-guida della Ue alla semplice ricerca di una flessibilità finanziaria di breve periodo. L’Unione sta affrontando un impegnativo ripensamento istituzionale, come ha autorevolmente confermato il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, guardando a una riforma del patto di stabilità. L’Italia ha il diritto-dovere di dare il suo contributo di Paese-fondatore a questa fase costituente in Europa, senza dimenticare una sua specifica esigenza costituente: la necessità si ridurre e stabilizzare il debito. Uno governo che – come il Conte-2 – vuol essere “di legislatura” – non può non porre questa sfida fra le sue massime priorità. E le condizioni per impostare un programma di medio periodo – che avvi il risanamento finanziario – oggi ci sono.
La priorità condivisa da tutti gli italiani resta in ogni caso la ripresa. Il Pil ha recuperato a mala pena i livelli pre-crisi e già si addentra in nuovi territori recessivi. La disoccupazione – di tutte le età – è una guerra che richiederà ancora molte battaglie per essere vinta. Un governo “costituente” vede davanti a sé una missione di estremo impegno, tuttavia non impossibile e comunque obbligata. È evidente che, da un lato, la nuova debolezza del ciclo imporrà di sostenere le fasce di popolazione più in sofferenza, sempre più estese. Ma è ormai accertato che l’assistenzialismo è il contrario di una risposta seria ed efficace. Un approccio “costituente” potrebbe invece utilmente guardare anzitutto a un riqualificazione della spesa pubblica, anzi: di tutte le risorse pubbliche e sussidiarie nella ricostruzione del welfare.
Il vero “benessere di persone e famiglie” si chiama oggi sviluppo: opportunità pari ed elevate per chi vuole produrre reddito attraverso il proprio lavoro, meglio ancora per chi è capace di offrire lavoro ad altri con la propria iniziativa d’impresa. È qui che un’Italia “costituente” deve trovare la forza strategica di investire quanto più possibile i propri capitali finanziari e soprattutto umani. Education e innovazione – binario unico della competitività-Paese – devono trovare autentica centralità. Al Nord quanto al Sud.