Non siamo soliti, cinici uomini dell’Occidente quali siamo, alle “viralità” che affollano sul web ogni giorno e ogni ora con praticamente qualsiasi tipo di “commozione”: un abbraccio, una gioia, una carezza, una “posa”, tutto può servire alla banalizzazione del “bene” mostrato in bella forma sui social per poter far scattare qualche like e lacrimuccia e poi rituffarci nell’amarezza della vita quotidiana. Eppure questa volta, vedendo la storia di Kaitlin Burge pubblicata su Instagram dei suoi due figli con tanto di foto qualcosa a livello di “cinismo” si è inceppato: non nel lato più “mieloso” ma nell’essenza e potenza di questa immagine. Un piccolo malato di leucemia e una sorellina di poco più grande che lo consola, sembra quasi “tenerlo” mentre il poverino probabilmente ha uno dei migliaia di conati di vomito a seguito dei cicli di cure cui è sottoposto. Non è “pena” e neanche “dolore”, è semplicemente uno “stop” alla dittatura dell’immagine che coinvolge tutti in questo nostro mondo “socializzante”. Una foto che “stoppa” le altre foto per un attimo, per un secondo, per un semplice e anche cupo istante dove il mistero dell’umanità si riaccende prepotentemente.
LA CAREZZA E LA MALATTIA
Al piccolo Beckett Burge di 4 anni nell’aprile del 2019, è stata diagnosticata la leucemia linfoblastica acuta – un cancro del sangue a progressione molto rapida – e da allora ha trascorso mesi in ospedale per la chemioterapia. Qui la sorellina Aubrey lo accarezza con sottile tenerezza, in silenzio, portandolo idealmente con sé senza potersi sostituire a lui (come il fido Samwise con il padron Frodo nel Signore degli Anelli di Tolkien) ma donando la cosa più grande che un cuore più ricevere, la compagnia. La mamma ha voluto rendere pubblico quel momento così intimo e privato per, spiega lei ai media inglesi, «illustrare l’importanza dei legami familiari durante i periodi difficili». In un messaggio postato poi sui social sempre la madre ha raccontato «iI bambini hanno bisogno di sostegno e di stare insieme, e non devono essere tenuti a distanza dalla persona che è malata. La cosa più importante è dimostrare che si prendono cura di loro a prescindere dalla situazione. Ha passato un bel po ‘ di tempo, al suo fianco in bagno. Lei è rimasta accanto a lui. Lei lo ha sostenuto e si è presa cura di lui, a prescindere dalla situazione». Una carezza che “supera” la malattia, ma non nel senso che si dà di norma: non è una “battaglia” portata a casa e vinta contro “il male” bensì una circostanza anche dolorosa che fa riscoprire ciò che è essenziale al cuore dell’uomo. Un cuore compreso.