Ora, al di là delle dichiarazioni fatte dal primo ministro israeliano Netanyahu in relazione alla necessità di annettere, in caso non fosse rieletto, un terzo della Cisgiordania (“estendere la sovranità israeliana alla Valle del Giordano e alla sponda nord del Mar Morto”, queste le dichiarazioni esatte del premier) -dichiarazioni queste finalizzate a consolidare il suo consenso politico interno – e al di là della condanna scontata e prevedibile della Lega Araba, il vero nemico di Israele è e rimane l’Iran.
Anche se Trump dovesse dare il proprio sostegno ad un’azione militare di tale natura, la scelta di Netanyahu potrebbe compromettere il riavvicinamento ai paesi del Golfo promosso dal premier israeliano in funzione anti-iraniana.
Dal punto di vista strettamente storico, i rapporti conflittuali tra Israele e l’Iran sono da individuarsi nel programma politico-religioso khomeinista che, come tutti i programmi di ispirazione fondamentalista, ha una visione dicotomica della realtà in base alla quale la cultura e i valori occidentali incarnati dagli Stati Uniti e da Israele rappresentano un male radicale da estirpare. Proprio nel febbraio 2019 il presidente iraniano Hassan Rouhani aveva affermato che era in corso un complotto degli Stati Uniti, dei sionisti e degli stati reazionari del Medio Oriente e che il nemico non avrebbe mai ottenuto i suoi demoniaci obiettivi.
Tuttavia la strategia politica e diplomatica attuata dal premier israeliano non si è solo concretizzata in un approccio offensivo e difensivo nei confronti dell’Iran, ma anche in una strategia multilaterale che sovente viene trascurata dagli analisti, la cui attenzione si rivolge quasi esclusivamente al rapporto oramai consolidato con gli Usa.
Per quanto riguarda la proiezione offensiva/difensiva israeliana tre sono i nemici principali di Israele: 1) il sostegno iraniano ai gruppi terroristici o definiti tali da Israele, 2) il programma nucleare iraniano e 3) la proiezione di potenza iraniana in Medio Oriente. Ebbene, la possibilità che l’Iran possa diventare una potenza nucleare rilevante in Medio Oriente rappresenta una reale e concreta minaccia per Israele, mentre per l’Iran rappresenta uno strumento per salvaguardare i suoi interessi geopolitici in caso di offensive o rappresaglie militari.
Per quanto riguarda il sostegno ai gruppi ostili a Israele la maggiore preoccupazione da parte israeliana, e in particolare da parte del Mossad, è certamente il sostegno finanziario e militare che l’Iran fornisce ad Hezbollah in Libano, sostegno che ha permesso a questo gruppo, definito da Israele terroristico, di aumentare in modo esponenziale il suo potere militare. Nello specifico, sia l’uso di droni iraniani che il lancio di missili provenienti dal territorio siriano sono di fatto una minaccia costante soprattutto per la società civile israeliana.
Per quanto riguarda la strategia multilaterale israeliana non è certo casuale che Netanyahu abbia rivolto la propria attenzione – proprio per salvaguardare la sicurezza nazionale israeliana – alle minacce provenienti dalla Siria e dal Libano e si sia mosso, a partire dal 2017-2018, con estrema cautela e prudenza per cercare punti di incontro attraverso colloqui bilaterali con Putin, incontri che hanno trovato la loro concretizzazione sotto il profilo prettamente diplomatico sia nei colloqui dell’aprile 2019 che in quelli del 12 settembre.
Un approccio analogo, a livello diplomatico e politico, viene perseguito dal premier israeliano nei confronti dei paesi del Golfo, dell’India e della Cina.
Incominciano dai paesi arabi. La proiezione offensiva iraniana ha permesso un riavvicinamento tra Israele e i paesi arabi e, in particolare, con Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Oman e Bahrein. Infatti l’apertura di una missione diplomatica presso gli Eau, l’esercitazione congiunta tra le forze aeree israeliane e quella degli Emirati e soprattutto i notevoli investimenti che i paesi del Golfo stanno facendo nell’acquisto di tecnologia militare israeliana dimostrano una maggiore apertura rispetto alla tradizionale alleanza con gli Usa, apertura questa che non modifica gli equilibri con il suo alleato storico.
Per quanto riguarda l’India, Israele è il terzo fornitore di armi dell’India anche nell’ambito della difesa missilistica.
Per quanto attiene le relazioni tra Israele e la Cina non va dimenticato che il Dragone non solo ha investito 16 miliardi di dollari nel paese mediorientale, bensì ha promosso il fondo Sino-Israel Technology Innovantions con lo scopo di favorire lo sviluppo scientifico e tecnologico israeliano.
Un secondo fronte di coinvolgimento tra la Cina e Israele è dato dalla presenza della China Harbour Engineering Company, la quale ha contribuito all’infrastruttura portuale di Ashodod e di cui Pechino probabilmente si serve per porre in essere un’attività di spionaggio sia nei confronti della Marina israeliana che di quella americana.