A due anni di distanza dal lancio del singolo It’s My House, Mika è tornato: il cantante e showman libanese ha lavorato su sè stesso ed è tornato alle radici per l’album My Name is Michael Holbrook. Un viaggio lungo e doloroso a tratti, come confidato dall’artista in una lunga intervista rilasciata ai microfoni del Corriere della Sera: «Sono estremamente esigente con me stesso, uno str*nzo», ammette senza mezze misure. Il 36enne nato a Beirut ha spiegato: «Str*nzo nel senso che in quello che faccio mi sento sempre obbligato a cercare la perfezione, fino a farmi male. Anche quando creo una canzone dai ritmi accattivanti, con testi apparentemente giocosi: dietro c’è un lavoro duro, ogni volta metto in gioco tutto me stesso. E mi infliggo la sofferenza di questa ricerca quasi maniacale della perfezione». E qui risiede la chiave del suo successo: Mika punta sul connubio creatività-credibilità, forte di una fanbase ampia ma di nicchia…
MIKA: “RIPORTO IL SESSO NEL POP”
A quattro anni di distanza dall’ultima fatica, Mika si è raccontato nel nuovo album senza alcun tipo di filtro: nel mezzo l’esperienza in televisione, un’avventura che ha apprezzato molto ma che allo stesso tepo ha rappresentato «una gabbia». Tra regole e vincoli organizzativi, le complessità hanno “ucciso” la sua creatività e per questo ha deciso di tornare indietro: «Riscoprire la mia famiglia, i profumi, le emozioni e anche gli incubi della mia adolescenza». E in questo album c’è una novità molto importante: il ritorno del sesso nel pop, un argomento molto in voga tra gli anni Settanta e gli anni Novanta prima di finire nel dimenticatoio. E in questo viaggio alla scoperta di sé stesso, anche gli scheletri nell’armadio: «Lo scontro coi professori, l’espulsione da una scuola di Londra, il bullismo. La spinta al successo, la ricerca della perfezione è cominciata qui».
MIKA, L’OMOSESSUALITA’ E IL BULLISMO
Nella lunga intervista rilasciata al Corriere della Sera Mika ha parlato della sua omosessualità, una scoperta fatta all’età di 13 anni mentre si trovava in bagno: l’essere gay come «un gigante, un mostro chiuso nell’armadio». E a quel punto Mika si è guardato allo specchio e si è trovato di fronte a un bivio: «O riesco a diventare uno di enorme successo o sono morto». E a partire da quel giorno è iniziata la scalata per diventare un artista maniacale, tanto da diventare maniacale con sé stesso. Sacrifici per entrare nell’Olimpo della musica ma soprattutto per trovare libertà e salvezza. Il mostro nell’armadio è solo un lontano ricordo, così come il bullismo: «Un’altra molla. Quando ero vittima dei bulli resistevo grazie a un pensiero fisso: un giorno questi che adesso mi perseguitano verranno ad applaudirmi ai concerti. Beh, è successo».