Il Sud e il dilemma del governo

Oggi il vero meridionalismo si muove in una prospettiva nazionale ed europea. Le prospettive emerse a Oliveto Citra

Il Mezzogiorno visto a Oliveto Citra, durante la XXV edizione del “Sele d’Oro Mezzogiorno”, è una realtà vitale, che presenta segni di risveglio e di riscossa, in controtendenza con la recessione annunciata dagli ultimi dati previsionali per questa parte del Paese, che non lasciano ben sperare neppure per l’Italia nel suo complesso.

Dopo una iniziale ripresa del Sud nel triennio 2015-2017, le Regioni meridionali hanno mostrato una crescita del Pil di appena lo 0,6% nel 2018 rispetto all’1% dell’anno precedente, mentre l’Italia ha conosciuto un incremento dello 0,9% sempre nel 2018, molto inferiore al 2% della media europea. In questo modo, si è avviata una “doppia divergenza”, che ha riaperto la forbice tra il Nord e il Sud e ha ampliato ancora di più le distanze tra il nostro Paese e il resto dell’Europa.

Inoltre, secondo le ultime stime della Svimez, alla fine del 2019 l’Italia avrà raggiunto una situazione di sostanziale stagnazione, registrando un impercettibile aumento del Pil (0,1%) e una crescita zero dell’occupazione. Il Mezzogiorno, invece, nel corso di quest’anno subirà una dinamica recessiva, che farà segnare un andamento del Pil negativo (-0,3%), con un possibile lento recupero nel 2020.

Una delle cause principali di questo arretramento, nel quadro del ritorno al protezionismo e del progressivo rallentamento del commercio globale, è stata l’inversione di tendenza degli investimenti privati e la prosecuzione di un pesante calo degli investimenti pubblici, che hanno comportato una diminuzione dell’occupazione, un’accentuazione della precarietà e del gap lavorativo tra le due aree del Paese (pari a quasi tre milioni di persone nel 2018), colpendo soprattutto i giovani e le donne e accelerando il fenomeno dell’emigrazione meridionale, i cui flussi di uscita sono superiori a quelli di ingresso degli immigrati regolari.

Di fronte a questo ineludibile stato di fatto e alla prospettiva di un ulteriore sconvolgimento degli assetti nazionali attraverso il cosiddetto “regionalismo differenziato”, è ripresa con maggiore intensità una dialettica tra due visioni del Mezzogiorno, che è di importanza cruciale per le sorti dell’insieme dell’Italia. Mentre il “sudismo” tende a unire i meridionali in un’unica posizione contrapposta al Nord, rispondendo quasi specularmente alle mire delle forze separatiste e antimeridionali che hanno radicalizzato la “questione settentrionale”, l’aggiornata vitalità del “neomeridionalismo” si muove in una prospettiva nazionale ed europea, che tende a trovare le ragioni di reciprocità e di comune interesse tra le parti più avanzate del Nord e del Sud, per condurre tutto il Paese verso un orizzonte di sviluppo economico e occupazionale duraturo. Questa distinzione profonda tra un’impostazione di carattere rivendicativo e assistenziale – che ripropone il vecchio meridionalismo lamentoso e questuante, tendendo a collocare tutto il “Mezzogiorno all’opposizione” sempre e comunque – e la ricerca di un percorso diverso e innovativo – che intende superare i limiti meridionali atavici, cambiando il volto del  Sud e impegnandosi a costruire una crescita moderna, efficiente e produttiva – costituisce un tema esiziale, il principale campo di scelta per una strategia su cui deve cimentarsi anche il nuovo governo.

Il nuovo Mezzogiorno è quello di Oliveto Citra, che presenta i suoi dolori, le sue piaghe e le sue angosce, ma è, allo stesso tempo, capace di mostrare valori inediti di progresso, eccellenze industriali e di ricerca, talenti e competenze di una nuova generazione con proiezione internazionale, reti e filiere produttive avanzate, come quelle delle 4A (Automotive, Aerospazio, Agroalimentare e Abbigliamento), in grado di competere e, se necessario, di integrarsi con le imprese del Nord, di espandersi all’estero e di superare le dimensioni ristrette e frammentate della struttura economica meridionale. Così come, questo inedito Mezzogiorno vuole trovare un terreno di condivisione (e non di contrapposizione) con le forze innovatrici e produttive del Nord, cercando i nessi economici e sociali di un nuovo modello di sviluppo, idoneo ad affrontare in una logica sistemica la sfida una competizione globale, che vedrebbe soccombere Regioni o singole parti del Paese se andassero irrimediabilmente da sole.

Il governo è chiamato a sciogliere un duplice dilemma: da un lato, interpretare la questione meridionale come la principale tematica da affrontare in una logica nazionale, vedendo il Sud come l’area geografica ove collocare possibilità di crescita per tutta l’Italia e sventando simultaneamente il rischio di apparire lontano dagli interessi del Nord, che in questo momento si possono finalmente ricomporre con le esigenze del Mezzogiorno; dall’altro, avviare strategie economiche e industriali volte alla realizzazione di un piano per gli investimenti in tecnologie e per l’occupazione produttiva, che sono le principali e indispensabili leve per l’uscita dal tunnel del declino meridionale e per la ripresa del Paese.

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